T come Telefonino (e Tablet). I vari device a disposizione di tutti rischiano di dare assuefazione
Se una volta si andava a letto dopo Carosello ed era la tv l'oggetto da gestire con parsimonia, oggi si deve imporre un coprifuoco all'uso dei device.
Metti via quel cellulare (Aldo Cazzullo)
T come Telefonino e Tablet. Quando erano bambini i genitori degli adolescenti di oggi, non c’erano quasi o erano molto rari, comunque diversi. Sto parlando dei telefoni cellulari, i cosiddetti smartphone, ancora di più il discorso vale per i tablet, piccoli apparecchi multiuso sempre più di frequente nelle mani dei nostri figli. Oggi chi nasce fa subito esperienza di questi strumenti tecnologici così affascinanti ed invasivi, li dà quasi per scontati. Dal video in sala parto all’ultimo saluto è difficile pensare di fare a meno di riprendere, fare un selfie, registrare un messaggio, condividere un post, chattare, mettere un like. Lo stesso linguaggio ha dovuto assumere parole nuove, inglesismi entrati integralmente o adottati nel vocabolario italiano. Parole che agli anziani sfuggono e di cui gli adulti cercano di appropriarsi, talvolta incorrendo in situazioni imbarazzanti. Tablet e telefonini sono ormai entrati a pieno titolo fra gli oggetti domestici, anche se è difficile addomesticarli. Sono governati dall’uomo, ma spesso paiono avere talmente tanto potere da possedere una vita propria. È vero, oggi, nell’epoca di “Internet delle cose” anche un forno a microonde è un robot che può essere collegato alla Rete, tutto è interconnesso, ma niente è come uno smartphone di ultima generazione. Basta un wi-fi in casa e quel piccolo arnese ci mette in contatto con un mondo apparentemente infinito e a portata di click. Possiamo parlare e addirittura guardarci con persone dall’altra parte del globo. Videodocumentarci su qualsiasi argomento, ascoltare musica, scrivere, leggere, parlare. Dal divano di casa o dal loro letto i nostri ragazzi sono interconnessi con i coetanei e non di rado paiono aver interposto un muro trasparente con la realtà tangibile che gli sta attorno. Si isolano, volutamente, lasciando il resto “fuori”. Uno slogan di qualche tempo fa diceva che il telefonino ci rende vicini i lontani e lontani i vicini. Un gioco di parole paradossale ma con un fondo di verità, almeno nel segnalare il rischio. A chi non è capitato di dover imporsi perché un figlio mettesse via il telefonino sempre in mano…? Ma anche fra adulti la situazione non è più rosea. Smartphone e tablet danno assuefazione… se non lo si accende la mattina fin da quando ci si lava o si fa la barba alcuni vanno in crisi d’astinenza. Non sono rare le volte in cui il telefonino è oggetto di incomprensione, gelosia, litigio. Non è infernale di per sé, ma il suo uso lo può far diventare tale. Non c’è bisogno di arrivare a quanto raccontato nel film “Perfetti sconosciuti” per ammettere che se rivelassimo i contenuti dei nostri messaggi anche alle persone più care, dovremmo spiegare, giustificare, decodificare tanti sms e WhatsApp che altrimenti rimarrebbero nella scatola nera dei nostri sentimenti. Dunque, comunichiamo meglio e di più grazie alle nuove tecnologie o invece ci stiamo isolando in monadi interconnesse perdendo l’arte del dialogo vero e concreto, quello che si basa su una prossimità non solo virtuale? Come sempre in medio stat virtus e la buona regola di non abusare resta valida. Del resto chi potrebbe dire che non è buona la famosa crema al cioccolato e nocciole orgoglio italiano anche all’estero? Eppure mangiarne troppa fa male in modo incontrovertibile.
Forse quello che dovremmo imparare a fare è accettare che ci vogliano delle istruzioni per l’uso e che queste vadano osservate. Qualche esempio? A tavola, in famiglia (ma, perché no, anche alla pausa pranzo in ufficio, o al ristorante) il telefono resta appoggiato a distanza; la regola vale per tutti, grandi e piccoli. Se squilla (oggi non squilla più nulla: una musica suadente da noi scelta ci attira a rispondere…) non si risponde, ci si impone di non dare una priorità a chicchessia rispetto ai commensali che si ha di fronte. Una volta non si poteva pretendere di trovare tutti in ogni momento e la domanda “dove sei?” non era contemplata, eppure siamo sopravvissuti e i nostri avi non erano meno intelligenti di noi. E a scuola? Fra compagni? Chi stabilisce i confini fra sano e insano, lecito ed illecito? Abbiamo accesso ai telefonini dei nostri figli? Sappiamo proteggerli da loro stessi? Spesso i casi di cyberbullismo subiti o agiti ci dicono che ignoriamo o diamo per scontato che i ragazzi non si facciano male, ma non è così. Che facciamo quando tornano da scuola e si fiondano ad accendere i loro tablet in cerca di svago? Video su YouTube e dintorni hanno sostituito cartoni animati e fiction in tv… sono percorsi personalizzati (fino a quanto non indotti?), condivisi e scambiati fra amici coetanei (una volta erano le figurine…), in un infinito vortice di copia e incolla, di guarda e passa al prossimo… come davanti ad un enorme bancone di caramelle. Anche qui bisogna sapersi fermare e se non lo fanno loro, è compito dei grandi dare un limite. È quasi incredibile, ma se una volta si andava a letto dopo Carosello ed era la tv l’oggetto da gestire con parsimonia, oggi si deve imporre un coprifuoco all’uso dei device elettronici, magari proponendo di vedere un programma alla tv “tutti insieme”. In questa escalation che posto occupano i libri fatti di carta e pagine, i film al cinema, le passeggiate al parco? Ciascuno dia la sua risposta, nella consapevolezza che senza la tecnologia non sapremmo più vivere, ma con la tecnologia dobbiamo ogni giorno imparare a farlo.