R come Ricordo. Costruiamo l'edificio della nostra identità coi mattoni dei ricordi
Uomini e donne sono fatti per ricordare e trasmettere i propri ricordi orizzontalmente (tra fratelli) e verticalmente, di generazione in generazione.
Il ricordo è il tessuto dell’identità Nelson Mandela.
R come Ricordo. “Mamma, raccontami di quando ero piccola!”, oppure: “papà, raccontami una storia di quando tu eri piccolo come me!”.
Sfido qualunque genitore a negare di aver ricevuto almeno una volta questa domanda da uno dei suoi figli… Ma anche molto più di una volta e magari da parte dello stesso bambino. È questo un modo di dimostrare – lo ammetto, in forma casalinga – che l’uomo e la donna sono fatti per ricordare e trasmettere i propri ricordi orizzontalmente (per esempio fra fratelli) e verticalmente di generazione in generazione. Sulla scorta del pensiero di Mandela, è proprio vero che costruiamo l’edificio della nostra identità coi mattoni dei ricordi e la famiglia è il luogo deputato per eccellenza a questo esercizio di memoria collettiva. Lo sanno bene anche i nonni che per antonomasia sono portatori di ricordi, di tradizioni, di usi… tutto un bagaglio esperienziale che è veicolato prioritariamente attraverso la trasmissione orale. A questo fine, direi quasi pedagogico, possono essere impiegati dei tempi che sfuggono al conteggio per lo più frenetico dei nostri giorni.
Ricordare non rientra fra le attività che si quantificano in un bilancio di stretta efficienza… per fare memoria si deve anche correre il rischio di “perdere” tempo, di concedersi una pausa, di stare fermi, di dedicarsi a qualcuno e non solo a qualcosa… di ascoltare l’andare indietro nel tempo di chi si fa per noi testimone; testimone di una storia “maestra di vita”. Non è, infatti, solo la storia sui libri quella che educa, ogni famiglia ha la sua e su quella nasce e si sviluppa uno stile, un modo di essere che connota i parenti fra loro, così come succede anche fra gli amici più intimi. Ricordare significa letteralmente riportare al cuore, ma la conseguenza di questo movimento interiore è sempre una dimostrazione di amore, anche quando dal passato si rievoca un dolore, un periodo difficile o una persona che non c’è più. Ricordare può voler dire far rivivere persone scomparse, i loro volti, quello che hanno seminato, i loro desideri, le convinzioni o le speranze.
Il ricordo rende presente il passato e lo rende ancora fecondo. Un bambino che oggi non viene incentivato nel suo desiderio di ascoltare ricordi è in potenza un uomo con un futuro più fragile. L’ambiente digitale in cui tutti oggi siamo immersi viene incontro alla sete di conoscenza, ma quella di ricordo è diversa. Basta un motore di ricerca in Rete e con un clic crediamo di avere immediato soddisfacimento del nostro quesito, in realtà, però, stiamo perdendo quel di più che solo la trasmissione interpersonale offre sia alla persona che emette sia a quella che riceve. Le stesse immagini che fino a pochi anni fa erano elementi propedeutici al ricordo, perché stampate e custodite gelosamente in teche, album o cornici, oggi riempiono i nostri smartphone, ma sono più evanescenti, non le possediamo più… sono letteralmente “salvate” in una memoria, che però è esterna a noi, non ci appartiene. La nostra società non può permettersi di essere smemorata… deve saper tornare a fare idealmente filò attorno al fuoco delle comunità famigliari. Solo così avremo generazioni future più consapevoli, generose, desiderose di lasciare il mondo migliore di come lo hanno trovato…