Ponte Morandi. Due anni dopo la tragedia Genova non dimentica, tra speranza e richiesta di giustizia
“Il vostro dolore, la vostra ferita, è il nostro dolore, la nostra ferita”. Le parole pronunciate dal premier Conte nel capoluogo ligure in occasione del secondo anniversario della tragedia che segnò la vigilia di Ferragosto del 2018, con la morte di 43 persone, rappresentano il sentimento nazionale rispetto ad una pagina di storia d’Italia dai molteplici risvolti. Il richiamo alla speranza dell’arcivescovo Tasca, le rivendicazioni dei familiari delle vittime
Silenzio, rispetto, speranza, richiesta di giustizia. Sono questi i sentimenti e gli atteggiamenti che contraddistinguono il secondo anniversario del crollo del Ponte Morandi, a Genova. Era la vigilia di Ferragosto del 2018 quando alle 11.36 il viadotto sul Polcevera si sgretolò durante un nubifragio portandosi via le vite di 43 vittime. Una tragedia che sconvolse un’Italia in vacanza e che ha segnato e continuerà a segnare la storia del Belpaese che da decenni deve, quasi ciclicamente, fare i conti con avvenimenti che lasciano strascichi giudiziari, economici e sociali. Oltreché il dolore per esistenze innocenti stroncate senza un perché.
“Mai più”. Non è un caso se tra le frasi ricorrenti negli interventi di rappresentanti di istituzioni e personalità c’è l’impegno che per il futuro vadano evitati disastri simili con nuovi lutti e nuove vittime. Una richiesta che, a due anni di distanza dal crollo del Ponte Morandi, va in parallelo a quella dell’accertamento della verità processuale. Le parole che Sergio Mattarella ha affidato oggi alle colonne del quotidiano genovese “Il Secolo XIX” sono quantomai significative: “Occorre ripartire – mentre prosegue, con doverosa determinazione, l’azione di accertamento delle cause e delle responsabilità del crollo – per sviluppare e, per qualche aspetto,
ricostituire una affidabile cultura della sicurezza, di adeguata manutenzione e del controllo che coinvolga e responsabilizzi imprese, enti pubblici, istituzioni locali e nazionali, università, mondo della ricerca”.
In un’intervista pubblicata sullo stesso quotidiano, il premier Giuseppe Conte ha ribadito la necessità di
“garantire che una tragedia del genere non si ripeta più”.
“La partecipazione dello Stato in Autostrade – ha sottolineato – va in questa direzione, perché contribuirà ad assicurare più controlli e sicurezza sulla nostra rete”. Parole che sono risuonate anche durante la cerimonia inaugurale della “Radura delle memoria”, l’area realizzata tra via Fillak e via Porro nel quartiere di Certosa dove sono stati abbattuti alcuni palazzi per permettere la costruzione del Ponte di Genova San Giorgio, progettato dall’architetto Renzo Piano e inaugurato lo scorso 3 agosto. “Un primo embrione del futuro memoriale – ha spiegato Egle Possetti, presidente del comitato dei familiari delle vittime del ponte Morandi – che dovrà essere completato e che sarà necessario affinché questa tragedia vergognosa possa restare incisa per sempre”.
Genova non dimentica. E che la città voglia conservare la memoria della tragedia lo ha ribadito il sindaco Marco Bucci: “Noi non ci vogliamo dimenticare di quello che è successo. Vogliamo che oggi, da Genova, parta un messaggio chiaro e forte di giustizia e di speranza. Di giustizia, perché vogliamo sapere cosa è successo e che le cose siano messe a posto. Di speranza, perché vogliamo che queste cose non succedano più”.
“Continueremo a non dimenticare”,
l’impegno assunto dal presidente della Regione Liguria Giovanni Toti che in quel “non dimenticare” ha individuato due aspetti. “Per non dimenticare ci vuole memoria e perché sia condivisa ci vuole giustizia, e perché ci sia giustizia ci vuole verità. Vogliamo sapere, prima ancora di chi verrà punito, che cosa è successo”. E poi “abbiamo tutti bisogno di futuro” che “si costruisce senza dimenticare e sulla bellezza”. “Un pochino abbiamo incominciato a farlo”, ha riconosciuto il governatore, riferendosi al Ponte di Genova San Giorgio, alla radura inaugurata stamattina e alla riqualificazione del quartiere Certosa.
“Oggi – ha osservato il premier Conte durante la cerimonia – ci ritroviamo ed è un atto che non è una semplice cerimonia del ricordo. È l’atto del rammemorare” che significa anche “recuperare gli impegni di non lasciare Genova sola e non lasciare sole le famiglie della vittime. Siamo al vostro fianco nella richiesta di accertamento della verità processuale e di attribuzione delle precise responsabilità per il crollo”.
“Il vostro dolore, la vostra ferita, è il nostro dolore, la nostra ferita”,
ha assicurato il presidente del Consiglio: “Vogliamo assicurarvi che questa esperienza di dolore che avete vissuto e continuerà a vivere non rimarrà confinata nell’ambito di un’esperienza di vita familiare e personale, vi sosterremo nello sforzo di alimentare una memoria collettiva. Continueremo a chiedere con voi giustizia”.
Speranza e futuro. “Non ci stancheremo mai di dire queste parole: rispetto, memoria, giustizia, perché pensiamo siano l’unica speranza per il futuro”, ha affermato Possetti, prima di puntare il dito contro i vertici di Autostrade, accusati di “profonda arroganza” per non aver “mai chiesto scusa nei tempi umanamente accettabili” e per aver affermato “di non voler essere trattati come una cameriera, come se chi fa quel lavoro avesse meno dignità”. “Tutto questo – ha aggiunto – unito a millantate manie di persecuzione e alla pretesa di costruire un nuovo ponte dopo quanto avvenuto”. La presidente dei familiari delle vittime ha anche sottolineato che
“bisogna chiedere con forza quanto ci spetta come cittadini, perché la nostra disperazione serva a qualcosa”.
Di speranza ha parlato anche l’arcivescovo di Genova, mons. Marco Tasca, durante la messa che ha presieduto stamattina nella chiesa di S. Bartolomeo della Certosa in suffragio delle vittime: “Siamo chiamati ad essere uomini e donne di speranza. Spesso la si identifica con il pensare che le cose vadano meglio, probabilmente è anche questo. Ma
per noi credenti la speranza ha un nome e un cognome: tutto ha senso. Da ricercare con molto umiltà. È questa la grazia che oggi siamo a chiedere al Signore: aiutaci a trovare un senso in tutto quello che è successo”.
Alle 11.36, orario del crollo del Ponte Morandi, il minuto di silenzio seguito dal suono delle campane delle chiese dell’intera arcidiocesi di Genova e delle sirene delle navi in porto. Oggi, sul capoluogo ligure splende un sole caldo; dopo l’arcobaleno che ha accompagnato l’inaugurazione del Ponte San Giorgio, un segno che Genova sta tornando a vedere la luce.