Papa in Mongolia. Aifo: “Il motto di questo viaggio apostolico, ‘Sperare insieme’, racchiude il senso della nostra presenza nel Paese”
In trent’anni di presenza nello Stato asiatico l’Associazione ha contribuito a valorizzare la dignità delle persone con disabilità assicurando lavoro, autonomia, salute, educazione
“Siamo molto felici della visita di Papa Francesco in Mongolia. Aifo è presente nel Paese da 32 anni e siamo davvero orgogliosi del lavoro svolto perché dimostra come i modelli e i programmi che adottiamo e realizziamo sono in grado di portare risultati concreti non solo nei confronti dei nostri protagonisti – non vogliamo chiamarli beneficiari – ma anche a livello governativo e della società civile. Per affrontare la disabilità, anche in Mongolia, siamo partiti dal valorizzare la dignità delle persone assicurando lavoro, autonomia, salute, educazione. Sono trascorsi oltre 30 anni e possiamo affermare di aver concretamente contribuito a rendere la Mongolia un Paese inclusivo”. Lo dichiara il presidente dell’Aifo, Antonio Lissoni, in occasione del viaggio apostolico del Papa in Mongolia, dove è arrivato stamattina alle 10 (ora locale) all’Aeroporto internazionale “Chinggis Khaan” di Ulaanbaatar, dopo essere partito ieri sera, alle 18,30, dall’Aeroporto internazionale di Roma/Fiumicino. Della situazione in Mongolia parla al Sir Tulgamaa Damdinsuren, coordinatrice Paese per Aifo in Mongolia.
Quali sono i maggiori problemi – economici, sanitari, sociali – in Mongolia e quali sono, in particolare, i problemi per chi ha delle disabilità?
La Mongolia è un Paese post-sovietico, siamo ancora in un periodo di transizione per tutti i settori. Prima del 1990, le persone con disabilità ricevevano solo servizi assistenziali e non è stato fatto molto altro per l’inclusione. Esistevano solo due organizzazioni di persone con disabilità e una fabbrica per non vedenti. Dopo l’arrivo della democrazia tutti sono stati liberi di creare le proprie organizzazioni, associazioni.
Ora ci sono circa 450 organizzazioni di persone con disabilità a supporto delle oltre 100.000 persone con disabilità.
Tutti, comprese le persone con disabilità, sono liberi di esprimere le loro opinioni e le loro voci. Ma molte persone, soprattutto quelle che vivono in aree remote, non conoscono i loro diritti. E i diritti umani vengono spesso violati; inoltre, le infrastrutture non sono ben sviluppate e inclusive. La maggior parte delle persone con disabilità vive in condizioni di povertà, perché l’assegno mensile di assistenza sociale non è sufficiente per la loro vita. Per questo Aifo lavora per l’inclusione attiva delle persone con disabilità nel Paese.
Che progetti realizzate in Mongolia? Qual è il target delle persone che aiutate?
L’Aifo realizza progetti di riabilitazione su base comunitaria (Cbr) per le persone con disabilità da oltre 30 anni. Nel nostro lavoro è estremamente importante potenziare e supportare le organizzazioni di persone con disabilità (Opd) locali perché siano i principali attori di cambiamento nel Paese.
Le nostre attività principali consistono nel dare empowerment alle persone con disabilità.
Vi appoggiate anche ad associazioni locali per portare avanti i vostri progetti?
L’Aifo collabora con l’Ong locale Tegsh Niigem (Società paritaria). La visione principale dell’Ong Tegsh Niigem è quella di implementare l’approccio Cbr e la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (Crpd). In collaborazione con l’Ong Tegsh Niigem, sono stati realizzati molti progetti importanti, soprattutto a livello politico. A seguito di diversi progetti, la Mongolia ha ratificato la Crpd e il suo Protocollo opzionale nel 2009. Nel 2016 è stata adottata la prima legge sui diritti delle persone con disabilità. Le Opd hanno potuto presentare il Rapporto Ombra alla piattaforma delle Nazioni Unite (Comitato Crpd) per tre volte (2015, 2018 e 2023). L’Aifo e Tegsh Niigem fanno parte di questo importante cambiamento nel settore della disabilità nel Paese. Ne siamo molto orgogliosi.
Da quanti anni siete in Mongolia? Avete registrato dei mutamenti a livello sociale, sanitario e di problematiche per chi ha disabilità in questo tempo?
L’Aifo ha iniziato la sua missione nel 1991, quando ha incontrato un funzionario mongolo presso l’ufficio regionale dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). L’Aifo ha poi aperto il suo ufficio di rappresentanza nel 1996. In quanto Paese post-sovietico, le persone con disabilità erano viste come destinatarie di semplice assistenza sociale. Ma dopo 30 anni di lavoro nel Paese, grazie a diversi tipi di attività messe in atto grazie ad Aifo e ai suoi partner locali, le persone con disabilità iniziano a parlare dei loro diritti umani. Anche l’atteggiamento dell’opinione pubblica è cambiato.
La Mongolia ora sta cercando di passare da un approccio medico verso un approccio sociale della disabilità. Infatti, ora le persone con disabilità sono libere di esprimere le loro opinioni, possono negoziare e far valere i loro diritti con sicurezza e competenza. Il contributo principale di Aifo è infatti stato quello di cambiare l’atteggiamento verso le persone con disabilità nel settore sanitario e sociale.
La Mongolia è un Paese anche molto vasto: questo rende più difficile offrire un servizio? E come cercate di superare questa difficoltà?
La Mongolia è molto grande, 5 volte più del territorio italiano. Un terzo della popolazione è costituito da nomadi.
Il clima è molto rigido, soprattutto le persone che vivono in aree remote hanno maggiori difficoltà in tutto, sono soprattutto le persone con disabilità ad affrontare le maggiori sfide e difficoltà per ottenere i servizi di cui hanno diritto.
Oggi è arrivato il Papa: c’è attesa per questa visita?
Per la Mongolia è una grande occasione di conoscenza e apertura, è una periferia del mondo che il Papa vuole conoscere da vicino, questo non può che essere un messaggio positivo.
La Chiesa nel Paese è giovane, circa l’1% della popolazione è cristiana; tuttavia, credo che le persone di altre confessioni religiose vedano positivamente questa possibilità di incontro e di dialogo, in virtù del suo respiro ecumenico.
Quali frutti vorreste che portasse questo viaggio di Francesco?
Ci ha molto colpito il motto del viaggio papale “Sperare insieme” perché racchiude il senso della nostra presenza nel Paese. Sperare non è un’azione passiva, anzi è un cambiamento di prospettiva e una condivisione di una visione comune.
Un po’ come diceva il nostro ispiratore Raoul Follereau: “Esiste un solo cielo per tutto il mondo”, il che significa che solo insieme è possibile vivere in pace e nel rispetto reciproco, lavorando comunemente perché nessuna persona sia lasciata ai margini della società.