Non autosufficienza, ora serve la partecipazione di tutti. Lettera aperta all’assessore regionale Lanzarin
«Solo con la mutualità e l’impegno della comunità civile attraverso un Fondo alimentato da nuove risorse si potrà far fronte ai bisogni crescenti di una popolazione che invecchia e necessita di maggiori servizi»
Il Veneto certamente ha fatto molto, e molto sta facendo, sul tema della longevità attiva e, più in generale, su quello della non autosufficienza. Quest’ultimo, unito a quello della bassa natalità, costituisce e costituirà la vera priorità da affrontare.
Il sostegno economico dedicato alla non autosufficienza in Veneto (200 mila persone in Veneto, 2,6 milioni in Italia) in tutte le sue forme, è di quasi di due miliardi, dei quali 750 milioni erogati dalla Regione con il suo Fondo non autosufficienza, 70 dai Comuni e il resto dall’Inps.
Ma riuscirà questo welfare pubblico a reggere a bisogni crescenti e quindi a costi crescenti? Non solo. C’è infatti un altro pericolo che incombe: l’assottigliarsi, fino a scomparire, di quella vitale caratteristica che ha da sempre contraddistinto le nostre genti: la solidarietà tra le generazioni. Ciò conduce a un “individualismo economico” che comporta un “fai da te” al momento del bisogno e nessuna protezione in una prospettiva futura.
Diventa quindi essenziale oggi ripensare alla questione della sostenibilità economica nel medio e nel lungo periodo. Ecco allora che la proposta più adeguata “culturalmente”, per stabilizzare la rete dei servizi per la non autosufficienza, rimane quella della mutualità. Ovvero della implementazione, anche da parte della comunità civile, del Fondo per la non autosufficienza. Una sorta di “socializzazione regionale delle vulnerabilità individuali”.
Si tratterebbe di creare un fondo che potremmo definire “ausiliario”. Come potrebbe avvenire la sua alimentazione? Attraverso l’utilizzo di quota parte dei piani di welfare aziendale già esistenti? Dallo spostamento di una impercettibile percentuale della quota dello 0,30 per cento che ogni azienda già versa, attraverso l’Inps, ai vari fondi per la formazione professionale, cifra che potrebbe risultare estremamente consistente? Dallo spostamento di quote, definite e costanti, già presenti nei budget sociali dalle Fondazioni bancarie e da quelle a vocazione solidaristica? Da un contributo (da quantificare) da parte dei lavoratori e delle aziende?
Se si ipotizzassero 10 euro al mese esentasse di cui il 50 per cento a carico delle imprese e il restante 50 per cento – 5 euro mese – a carico dei lavoratori, esteso anche ai singoli professionisti iscritti agli Ordini, tramite le rispettive Casse previdenziali, ai lavoratori autonomi singoli, ai dipendenti pubblici (devolvendo a questo scopo la quota assistenziale già oggi versata, anche dallo Stato e dagli altri enti pubblici), in Veneto una possibile stima, peraltro “contenuta”, del gettito prodotto andrebbe dai 200 ai 250 milioni di euro (il fondo regionale è di 750 milioni)
Con sacrifici “relativi”, e in parte già sostenuti dal sistema sociale, i benefici che ne deriverebbero sono facilmente immaginabili: riduzione della retta in residenza protetta, aumento del contributo per l’assistenza a domicilio, retta agevolata per la frequenza a un centro diurno o per inserimenti temporanei di sollievo in struttura protetta ecc.
La raccolta delle risorse e la gestione di tale Fondo, effettuata a titolo gratuito, in costante collegamento e coerente con le regole di quello Regionale, dovrebbe essere affidata agli stessi rappresentanti di coloro che concorrono alla sua formazione. Periodicamente nel corso dell’anno tale fondo darà pubblicamente conto dell’utilizzo di quanto raccolto.
Gentile assessore, le grandi riforme che lei sta attuando in questo settore (Ipab, accreditamenti, convenzionamenti, etc.) abbisognano anche di un sostegno economico nuovo. Noi affidiamo alla sua sensibilità e alla sua conoscenza dei macro-sistemi regionali queste piste di lavoro, certamente da affinare e da condividere con altri decisori pubblici. Peraltro certi, come siamo, che dare una soluzione a tutto questo valorizzerebbe ancor più l’autonomia regionale in tema di cure a lungo termine, ci confermiamo disponibili a incontrarci nelle modalità e nei tempi che riterrà più opportuni.
Chi sono i firmatari della lettera
La lettera aperta indirizzata all'assessore regionale Manuela Lanzarin, è firmata da Alberto Leoni ed Ernesto Burattin.
Leoni è presidente della fondazione Gaspari Bressan. Nata nel 1909, gestisce l'omonima struttura a Isola Vicentina che eroga servizi di tipo sanitario e socio-assistenziale ad anziani non più completamente autosufficienti.
Burattin, direttore generale dell'Oic di Padova, è da pochi mesi segretario regionale Cida, la confederazione dirigenti e alte professionalità. Nata nel 1946, la Cida vuol essere un punto di riferimento per una classe dirigente che ritrovi la propria missione a servizio del Paese oltre che della singola impresa (pubblica o privata), contrastando la tendenza a rifugiarsi nel privato.