Migranti, “è emergenza sanitaria, sociale ed economica”. Perché serve la regolarizzazione

Sono numerose le associazioni e le personalità (ben 250) che hanno preso parte al gruppo di lavoro per la definizione di un documento che pone le basi sociali e giuridiche per affermare la necessità della regolarizzazione. Ecco le proposte

Migranti, “è emergenza sanitaria, sociale ed economica”. Perché serve la regolarizzazione

“Siamo davanti a un’emergenza dalla triplice dimensione: sanitaria, sociale ed economica, che ha già creato numerosi problemi”. Sono numerose le associazioni e le personalità (250) che hanno deciso di sottoscrivere un documento sulla situazione dei migranti in questo periodo di Coronavirus e sulla necessità della regolarizzazione. Lo fanno all’interno di quello che è stato definito il “Grei-2.5.0, Gruppo di riflessione su regolarizzazione e inclusione”. Ne fanno parte, tra gli altri, Ugo Melchionda, Gianfranco Schiavone (Asgi), Filippo Miraglia (Arci), Cir, Grazia Naletto (Lunaria), Silvia Stilli (Associazione Ong Italiane), Comai, Refugees Welcome Italia, Pax Christy, Idos, ecc…

Un lavoro che non può non partire da alcune considerazioni di fondo: “Nei ghetti del Sud come nel Centro-Nord del Paese e negli insediamenti informali trovano rifugio immigrati disoccupati o impiegati in nero, richiedenti asilo denegati e in attesa dell’esito del ricorso, fuoriusciti dai Centri di Accoglienza Straordinari (Cas), rifugiati fuoriusciti dal Sistema di protezione SIPROIMI, stranieri neomaggiorenni tagliati fuori dal sistema dell’accoglienza. Nelle case, colf e badanti straniere irregolari sono costrette a condizioni di salute inadeguate. In queste condizioni si sta sviluppando, sottovalutata e invisibile, una minaccia per tutti. Le dimensioni e i confini di tale minaccia vanno dall’assoluta mancanza di igiene e di condizioni sanitarie nei ghetti e degli insediamenti informali, ai sistemi di ‘cura fai da te’ nelle case in cui vivono badanti e colf irregolari, che non possono accedere al sistema sanitario (…). Lasciare alcune centinaia di migliaia di persone in condizioni di invisibilità, nonché di forzata indisponibilità ad effettuare uno screening sanitario, potrebbe comportare conseguenze disastrose per l’intera società, che vanno impedite adottando, come prima misura urgente, quella di consentire il pieno accesso al sistema socio-sanitario, attraverso la regolarizzazione della loro presenza sul territorio”.

Non solo: “Centinaia di migliaia di lavoratori sono esposti al caporalato e al lavoro para-schiavistico, imposto loro congiuntamente da imprenditori senza scrupoli e in molti casi da caporali, anche immigrati, che approfittano della loro impossibilità di regolarizzarsi e della loro impossibilità pratica di ritornare nei paesi di origine. Lasciarli in questa condizione rappresenterebbe non solo la disfatta dei valori costituzionali, ma la resa di fronte alle agromafie e al caporalato. Dare la possibilità di regolarizzare la propria presenza – in maniera indipendente dall’iniziativa del datore di lavoro – renderebbe possibile svincolare queste persone dal possibile ricatto di alcuni datori di lavoro interessati a mantenere le condizioni di lavoro paraschiavistico. Se a questa misura si aggiungesse la possibilità di consentire la conversione del proprio permesso di soggiorno in permesso convertibile per lavoro a fronte di un’offerta di lavoro, e consentire infine la possibilità di un permesso per ricerca lavoro o attesa occupazione, valido per tutto il periodo dell’emergenza per chi non ha oggi un lavoro, tale provvedimento darebbe la possibilità di emergere alla grandissima parte di quanti sono in Italia in condizione irregolare (…)”.
Ed ancora: “In questo periodo di quarantena siamo sopravvissuti grazie al lavoro costante e continuo delle categorie più svantaggiate e sottopagate, tra cui i braccianti agricoli, colf e badanti. I primi ci hanno consentito di poter continuare a portare in tavola cibo fresco per tutti noi ed i nostri familiari; i lavoratori agricoli, gli autotrasportatori, i lavoratori della logistica hanno finora garantito la tenuta della filiera alimentare. Su altro fronte colf e badanti hanno rappresentato per le famiglie la concreta possibilità di tenere a casa familiari anziani o disabili e hanno prevenuto altri decessi nelle RSA. Perdere entrambe queste possibilità, metterebbe a rischio la stessa sicurezza nazionale”.

“Per queste tre ragioni la regolarizzazione non è un'opzione, ma una necessità che non può, tuttavia, essere effettuata sulla base di un permesso avente durata di pochi mesi (tre o quattro in alcune ipotesi legislative), che sarebbe di una eccezionale miopia, in quanto fra tre mesi ci troveremmo di fronte alle stesse problematiche – sottolineano gli estensori del documento -. Né un periodo così breve di permesso è evidentemente compatibile con la durata ancora incerta dell’emergenza, che sicuramente non è destinata ad esaurirsi nel giro di pochi mesi. Né infine può essere motivata dalle sole motivazioni economiche (‘Regolarizziamo perché non abbiamo braccia’), ma deve quantomeno prevedere anche un permesso per ‘ricerca lavoro / attesa occupazione’, per chi o ha già un permesso, ma non ha un lavoro, o ha un lavoro ma non un permesso che consenta un contratto regolare. Una regolarizzazione con queste caratteristiche avrebbe un triplice vantaggio per tutti: svuoterebbe il circuito dell’irregolarità; consentirebbe l’effettiva partecipazione delle persone alla vita economica e sociale del Paese; costituirebbe, infine, un notevole vantaggio per la fiscalità generale, sia grazie al versamento dei contributi previdenziali e degli oneri fiscali di un rilevante numero di lavoratori (oggi in nero), sia per i risparmi derivanti dalla limitazione dei contenziosi relativi ai ricorsi avverso i provvedimenti di diniego della protezione internazionale”.

La proposta

Per tutti un punto di partenza potrebbe essere costituito dalla proposta fatta dall’Asgi, così riassunte: per i cittadini stranieri che dimostrino, mediante idonea documentazione, la presenza in Italia alla data del 29 febbraio 2020, in condizioni di irregolarità o anche di regolarità ma con permesso non convertibile in lavoro, è rilasciato, a richiesta, un permesso di soggiorno per ricerca occupazione, rinnovabile e convertibile alle condizioni di legge, oppure un permesso di soggiorno per lavoro qualora alla predetta data del 29 febbraio 2020 o alla data della domanda il richiedente abbia in corso un rapporto di lavoro.
Entrambi permessi hanno la durata di 1 anno dalla data del rilascio o quella maggiore secondo le disposizioni di cui all’art. 5, co. 3 bis, d.lgs. 286/98. La domanda può essere presentata a partire da 8 giorni successivi alla entrata in vigore del decreto legge. Dalla data di entrata in vigore del decreto legge e fino alla conclusione del procedimento di emersione sono sospesi i procedimenti penali e amministrativi nei confronti del datore di lavoro e del lavoratore per le violazioni delle norme relative all’ingresso e al soggiorno nel territorio nazionale, relative all’impiego di lavoratori, anche se rivestano carattere finanziario, fiscale, previdenziale o assistenziale. La sottoscrizione del contratto di soggiorno, congiuntamente alla comunicazione obbligatoria di assunzione all’INPS, e il rilascio del permesso di soggiorno comportano, rispettivamente, per il datore di lavoro e il lavoratore l’estinzione dei reati e degli illeciti amministrativi relativi alle violazioni di cui al comma che precede.
Il datore di lavoro assolve agli obblighi di natura fiscale, previdenziale e assistenziale relativi al pregresso periodo di lavoro tramite il versamento di un contributo forfettario pari a 500 euro per ogni lavoratore. 

Simili a questa, altre proposte sono state fatte da diversi tavoli. Tuttavia i sottoscrittori ritengono “che sia importante in questa fase trovare con le associazione del terzo settore, con le forze sociali e parlamentari, con le organizzazioni religiose, un terreno di intesa su diversi aspetti generali”. Tra i quali: non prevedere che la regolarizzazione sia possibile solo in alcuni settori economici e non altri; permettere che anche gli stranieri in possesso di un titolo di soggiorno regolare (e che magari già consente l’accesso al lavoro come nel caso dei richiedenti asilo) possano ottenere un permesso di soggiorno per lavoro, accedendo al provvedimento di regolarizzazione; prevedere che il lavoratore straniero regolarizzato possa cambiare mansione e settore di attività e che, in caso di perdita del posto di lavoro possa iscriversi nelle liste di collocamento per il periodo di residua validità del permesso di soggiorno, e comunque per un periodo non inferiore ad un anno.

L’iter

“Una simile proposta potrà costituire una base condivisa per una campagna di advocacy che dovrà impegnarci in azioni immediate”, affermano. Tra queste, nel breve periodo, “richiedere una moratoria dei dinieghi della protezione internazionale in quanto, nell’attuale situazione, gli stranieri che vi sono coinvolti non riescono a tutelare i propri diritti agendo in tempo utile nella presentazione dei ricorsi”; “chiedere che in ogni azienda sanitaria siano attivate tutte le misure necessarie per garantire che i cittadini stranieri non in regola con le norme sul soggiorno accedano alle misure di prevenzione e cura, in condizioni di anonimato”; “azioni volte a permettere ai minori stranieri non accompagnati che diventano maggiorenni di restare in accoglienza nel SIPROIMI o in altre strutture educative fino al raggiungimento dell’autonomia lavorativa o al compimento del percorso di studio grazie ad un utilizzo esteso dell’istituto del ‘prosieguo amministrativo’ fino ai 21 anni”; “azioni volte a consentire ai medici stranieri in Italia di lavorare presso gli ospedali pubblici, superando il divieto di accesso ai pubblici uffici da parte dei cittadini non comunitari”.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)