Liliana Segre e la pistola. Dove si forma la coscienza che porta a lasciare per terra la pistola degli assassini?

Non è solo un ricordo quello di Liliana, piuttosto un monito, una visione che provoca le coscienze di ogni persona.

Liliana Segre e la pistola. Dove si forma la coscienza che porta a lasciare per terra la pistola degli assassini?

Liliana Segre, testimone della Shoah, senatrice a vita della nostra Repubblica, parla delle terribili vicende che la videro protagonista da bambina emarginata, arrestata, internata, travolta dall’esperienza del lager di Auschwitz. Ne parla da decenni e per l’ultima volta ha scelto di farlo davanti agli studenti delle scuole che sempre sono stati i suoi uditori prediletti. Suoi “nipoti”, come ha detto più volte, generazione che ha davanti il futuro e la responsabilità di conservare la memoria perché non ci si dimentichi di cosa è stato l’abisso dell’umano, per evitare di ricaderci.

Ebbene, proprio questo parlare alle scuole provoca tutti e fa pensare. C’è un passaggio molto noto della testimonianza di Liliana Segre che è tornato anche nella sua ultima testimonianza, venerdì 9 ottobre ad Arezzo, nel borgo medioevale di Rondine, sede dell’organizzazione internazionale impegnata da oltre venti anni nella formazione di giovani leader di pace e al fine di ridurre i conflitti armati nel mondo. E’ il ricordo di una pistola abbandonata per terra da uno dei suoi aguzzini. Ho pensato di raccoglierla e di sparare – racconta Segre – ma non l’ho fatto. “Fu un attimo, un attimo importantissimo, decisivo nella mia vita perché io capii che mai, per nessun motivo al mondo, avrei potuto uccidere qualcuno. Io non ero come il mio assassino. Non ho raccolto quella pistola, e da quel momento sono diventata quella donna libera e di pace con cui ho convissuto fino ad ora”.

Quella pistola abbandonata rappresenta la capacità di scelta che ciascuno ha per condurre la propria esistenza su binari di vita o di morte. Non è solo un ricordo quello di Liliana, piuttosto un monito, una visione che provoca le coscienze di ogni persona. E a maggior ragione lo fa con i più giovani, ricordando loro che la scelta per il futuro è nelle loro mani. Da che parte stare?
E dove si forma la coscienza che porta a lasciare per terra la pistola degli assassini? In famiglia, certo. Più ancora a scuola, insieme ai coetanei e agli adulti con i quali si costruiscono relazioni significative. La scuola – lo sa bene e lo ha detto tante volte Liliana Segre, e con lei lo sanno bene tutti i protagonisti della meravigliosa avventura tra i banchi – è palestra di vita nel senso più forte ed efficace del termine. Non a caso, ancora Liliana Segre, ricorda che il primo momento in cui avverte la tragicità dell’esperienza che poi la farà precipitare nell’abisso del lager è quando viene ritirata da scuola, non può più stare con gli altri bambini. Perché le leggi razziali lo imponevano.

L’ultima testimonianza della senatrice a vita, allora non può che essere destinata alle scuole e ai loro protagonisti. Ai giovani e agli insegnanti, agli educatori. Il testimone che lascia questa straordinaria testimone del nostro tempo non è solo quello della memoria – non dimenticate, non dimentichiamo, quello che è successo – che ha problemi, oggi, non solo con la vicenda dei lager ma in generale con le radici inclusive di una civiltà europea a rischio. No, il testimone è come un fascio di luce che guarda avanti e non indietro. L’invito a vivere pienamente l’oggi, con consapevolezza – quella che a scuola si costruisce anche con lo studio, la conoscenza e l’esperienza delle relazioni – che da questo oggi dipende il domani. Bisogna vederla, per terra, quella pistola degli assassini. Vederla prima. E poi decidere di lasciarla lì.
Liliana Segre lo ha fatto. Anche per tutti quanti sono venuti dopo. E invita ciascuno a fare come lei.

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Fonte: Sir