La strada e la meta. I 25 Alfieri del Lavoro in Italia e i giovani di Iran e Ucraina
In tanti percorsi e sogni la volontà di raggiungere obiettivi alti e inclusivi si accompagna al desiderio di dedicarsi alla ricerca, di compiere gesti concreti di solidarietà, di tenere viva e feconda la speranza.
“Mi sono iscritta alla facoltà di Ingegneria Meccatronica dell’Università di Bologna. In contemporanea vorrei prendere la laurea in Matematica perché mi serve la doppia laurea per prendere la terza laurea in lingua inglese in Intelligenza artificiale. Tutto questo perché ho un sogno”. A dire così è Chiara Montaguti di Faenza che è tra i 25 studenti più bravi del 2022 e che il 10 ottobre hanno ricevuto dal presidente della Repubblica il riconoscimento di “Alfieri del Lavoro”. Sono stati scelti tra 3181 segnalazioni che hanno riguardato 2012 donne e 1169 uomini, alcuni non sono di origine italiana.
Le loro storie si incrociano con altre che la cronaca nera mette sempre in grande rilievo. Non si tratta di confrontare esperienze diverse o contrarie per stabilire chi siano i migliori e chi i peggiori. Si tratta piuttosto di interrogarsi sul cammino delle nuove generazioni in un tempo incerto e in una società che il più delle volte non li ascolta e li delude.
Gli Alfieri del Lavoro dicono che i sogni dei giovani non sono svaniti come non è svanito il coraggio di realizzarli. Lo conferma Chiara Montaguti: “Vorrei realizzare dei dispositivi che possano aiutare le persone affette da disabilità nelle loro attività quotidiane. Io ho un fratello con l sindrome di Asperger. So a quante cose, certe volte, deve rinunciare. Vorrei aiutare le persone come lui. Per esempio, realizzando un robot che possa parlare al posto di chi non riesce a farlo. Un robot che possa essere utile anche solo per ordinare unna pizza”.
In tanti percorsi e sogni la volontà di raggiungere obiettivi alti e inclusivi si accompagna al desiderio di dedicarsi alla ricerca, di compiere gesti concreti di solidarietà, di tenere viva e feconda la speranza.
Proprio l’amore per lo studio come servizio alla verità e al bene comune porta i giovani ad esprimere un rammarico: “La cultura è un po’ sottovalutata in questo periodo in Italia, ma non importa”. È quel “non importa” a dire che nella fermezza della critica c’è la volontà di non venire meno a una responsabilità che è nello stesso tempo personale e sociale.
Da qui lo sguardo si spinge lontano, arriva in Iran, in Ucraina in tutti i luoghi della libertà calpestata dove sono soprattutto i giovani e i giovanissimi a tenere accesa la speranza anche a costo della vita. Sono mondi distanti ma non separati, sono mondi diversi ma non indifferenti. Sono mondi che idealmente si tengono per mano. Sono mondi che indicano la strada e la meta a una società di adulti sempre più in affanno, che fatica o non riesce a essere credibile.