La giornata in ricordo delle vittime del Covid: la parola chiave è futuro
I cento tigli fuori dal cimitero monumentale di Bergamo. Le note di Paolo Fresu. Le parole commosse delle autorità. Ricordare non basta, occorre programmare e agire. Questo è guardare al futuro
Oggi, 18 marzo, ci uniamo per fare memoria delle oltre 101 mila vittime mietute negli ultimi tredici mesi da Covid-19. È un ricordo strano questo, perché ci siamo ancora dentro fino al collo. Bergamo è diventata simbolo di tutto questo per l'impatto enorme che il virus ha avuto qui prima che altrove nel nostro Paese. Questa città e questa data sono state scelte per la lugubre sfilata dei camion militari che esattamente un anno fa hanno portato lontano dalla città le bare che i cimiteri non erano più in grado di accogliere.
Ma la Bergamo che in mattinata ha accolto il premier Draghi rimane, un anno dopo, una città in zona rossa, dove le curve dei ricoveri e dei decessi non accennano a calare, anzi. Ricordiamo così i nostri morti con un nodo alla gola e un peso sul cuore: quanti altri si aggiungeranno alla sterminata lista da qui alla fine della terza ondata, mentre la campagna vaccinale arranca su tutto il continente europeo?
In questa giornata, alcune parole chiave risuonano nell'aria, assieme alle toccanti note che Paolo Fresu ha soffiato dalla campana del suo flicorno.
Se c'è un fatto che deve far riflettere, tra i tanti, è che questa ricorrenza cade nel giorno immediatamente successivo quel 17 marzo in cui festeggiamo l'unità d'Italia. Nel 2021 ricorrono i 160 dalla nascita del nostro Paese. E un riferimento chiaro all'unità c'è stato anche nelle parole di Draghi, che ha citato a sua volta il sindaco bergamasco Gori: sanitari dell'ospedale Papa Giovanni XXIII e volontari della città rappresentano «i nuovi mille di Bergamo».
Il presidente del Consiglio ha parlato di resistenza civile e di impegno: il suo, accanto a quello di tutti gli italiani, per ripartire. «Il governo - e lo sapete bene - è impegnato a fare il maggior numero di vaccinazioni nel più breve tempo possibile – ha detto Draghi – Questa è la nostra priorità. La sospensione del vaccino AstraZeneca, attuata lunedì con molti altri Paesi europei, è stata una decisione temporanea e precauzionale. Nella giornata di oggi, l’Agenzia Europea dei Medicinali darà il suo parere definitivo sulla vicenda. Qualunque sia la sua decisione, la campagna vaccinale proseguirà con la stessa intensità, con gli stessi obiettivi. L’incremento nelle forniture di alcuni vaccini aiuterà a compensare i ritardi da parte di altre case farmaceutiche. Abbiamo già preso decisioni incisive nei confronti delle aziende che non mantengono i patti».
Tastando il polso agli studenti, agli imprenditori, agli amministratori locali, fino alle famiglie tutte viene da chiedersi quante e quali siano le energie rimaste nella società italiana e non solo. Draghi si è riferito senza indugio a «tutti gli italiani che, sono certo, non vedono l’ora di rialzare la testa, ripartire, liberare le loro energie che hanno reso meraviglioso questo Paese.
Ebbene, esiste un solo straordinario incentivo perché queste energie vengano liberate: una competente e seria programmazione del futuro. E questa si traduce in un Piano nazionale per la ripresa e la resilienza che guardi davvero alla prossima generazione di italiani (oltre che di europei) che abbia la capacità di cambiare per davvero le dinamiche che di fatto escludono gli under 45 da una serie di possibilità che genitori e nonni hanno avuto (con merito).
Bisogna ricordare che larga parte dei circa 200 miliardi in arrivo da Bruxelles saranno a debito, un debito che pagheranno proprio i giovani di oggi: sono risorse dunque che vanno spese con controlli ferrei al centesimo, mettendo in atto i moltiplicatori economici che le facciano fruttare al meglio.
Ma la politica non basta: di fronte alla possibilità epocale di rilanciare un Paese che arranca da troppi anni, serve l'impegno di tutta la popolazione. Chi lavora deve farlo al meglio delle proprie possibilità, perché quello è il suo primo contributo. Chi studia deve farlo con il massimo profitto, perché delle sue competenze è l'Italia intera ad aver bisogno. Ogni contribuente è chiamato a pagare le tasse, perché sottrarsi al fisco è rubare al presente e al futuro dei connazionali, dei vicini, dei parenti, della propria famiglia. Chi è garantito oggi ha la possibilità di solidarizzare per davvero con chi teme per le proprie risorse. Chi crede offra il frutto della sua preghiera, della sua meditazione, la grandezza della relazione con il proprio Dio per discernere con lucidità tutti i suoi talenti, la sua capacità di accoglienza, la fraternità di cui ha bisogno, l'ancoraggio sicuro alla fede in questo tempo di incertezza.