La forza della parola. Renzo Piano dopo l’incontro con papa Francesco
La forza disarmata della parola contro la violenza della guerra. Sembra una prova impossibile da superare così come sembrò impossibile al piccolo Davide sconfiggere il gigante Golia.
“L’altro giorno hanno bombardato il ponte di Kerch in Crimea. Ci credi che mi è venuto un colpo al cuore? Subito dopo sì ma lì per lì non mi sono neanche chiesto chi aveva colpito chi. Ho solo provato sofferenza. Una sensazione di lutto, che mi accompagna costantemente”. L’architetto Renzo Piano, costruttore di ponti, dice così a chi lo ha intervistato nei giorni scorsi sulla guerra scatenata da Putin contro l’Ucraina.
Sullo sfondo del colloquio pubblicato su un quotidiano nazionale è il recente incontro tra l’architetto e papa Francesco: “Ho detto al Papa che ogni giorno lavoro per costruire luoghi pubblici, luoghi di pace, oggi ad esempio stiamo costruendo ben sei ospedali in giro per il mondo, ma che tutti questi momenti, purtroppo, sono come offuscati”.
È il grido del Papa, “In nome di Dio fermate la guerra”, a suggerire a Renzo Piano un’altra riflessione: “Dobbiamo trovare la voglia e il coraggio di dire no a questa guerra. E mi auguro che anche gli altri lo dicano, che la massaia lo dica al marito, che il muratore lo dica al suo capocantiere, che tutti tirino fuori questo tormento, Ora mi dirai che questo è un discorso ottimista. Ma ti chiedo: che altra forza abbiamo, noi cittadini normali, se non la parola? Il nostro unico potere è la voce. Facciamola risuonare limpida, da persona a persona, nelle piazze, nelle strade, nei villaggi, nei paesi, nelle città di tutto il mondo”.
La forza disarmata della parola contro la violenza della guerra. Sembra una prova impossibile da superare così come sembrò impossibile al piccolo Davide sconfiggere il gigante Golia.
La storia racconta di tanti Davide che hanno vinto i tanti Golia. La storia racconta di parole che i dittatori hanno sempre cercato di spegnere illudendosi che dopo una parola spenta non se ne sarebbe accesa un’altra.
Sono parole che si accendono e si spengono come faville di un fuoco che arde nell’angoscia di una guerra. Sono parole intrise di lacrime e sangue, sono singhiozzi di donne e uomini devastati. Sono parole tormentate.
Dice Renzo Piano: “Credo che in questo momento il mio stesso tormento lo vivano tante persone. E perché spero che se ti racconto in modo sincero di questo mio tormento tanti altri facciano la stessa cosa raccontando il loro”.
Il tormento che si continua a vivere assistendo ai massacri e alle distruzioni è il luogo interiore di ogni donna e di ogni uomo pensanti in cui si forma la parola che poi diventa voce ribelle al rumore delle armi, al silenzio dell’assuefazione e dell’indifferenza.