L’istinto di Caino. Vivere da fratelli è una sfida quotidiana
I consanguinei più stretti, coloro che sono nati dallo stesso ventre, spesso non si riconoscono, non si accettano, non riescono a trovare ragioni e vie per amarsi.
“Fratelli coltelli”: è un’espressione un po’ desueta, ma che, purtroppo, rappresenta una situazione ancora molto diffusa fra il genere umano. I consanguinei più stretti, coloro che sono nati dallo stesso ventre, spesso non si riconoscono, non si accettano, non riescono a trovare ragioni e vie per amarsi, perché non si sono scelti e si sono trovati affiancati nella vita per volere di qualcun altro. Il racconto biblico di Genesi (4,1-16), da questo punto di vista, non concede spazio ad una visione irenica: la vita di Caino e Abele è la consumazione di un dramma umano dalle tinte forti e quasi misteriose. Perché fra i due si instaura una così pericolosa gelosia, perché Dio Padre stesso concede che in Caino si annidi un così profondo sentimento di frustrazione e di rivalsa, non gradendo le sue offerte a fronte di quelle del fratello? Sovviene l’adagio paolino “Il Signore ama chi dona con gioia”, forse è questo che il lettore può sospettare… che Caino facesse quello che doveva controvoglia o senza il giusto senso di gratitudine nei confronti del Creatore, ma in realtà questa è un’ipotesi che non del tutto ci è lecito fare, quasi per trovare una ragione ad ogni costo. Nelle famiglie con più figli, capita spesso, verrebbe da dire sempre, che la percezione soggettiva dell’amore dei genitori per loro sia una misteriosa alchimia… qualcosa di sotterraneo, che magari non viene rivelato per anni e solo in età adulta affiora, oppure che fin dai primi anni di vita – non parliamo poi dell’adolescenza! – informa le relazioni dei ragazzi.
Le “preferenze”… spesso attribuite proprio senza motivo, a volte invece effettivamente presenti che vengono imputate a mamma e papà. È così dai tempi di Caino, potremmo dirci per consolarci… eppure la storia delle origini non dovrebbe lasciare in noi l’assuefazione alla violenza e all’incomprensione. Dio dissuade Caino dall’accidia, lo sprona a tenere alto lo sguardo, a nutrirsi della purezza della sua coscienza e poi, con un’immagine sublime, lo mette in guardia dal peccato che è come un cane infido accovacciato alla porta. L’istinto porta l’uomo verso quell’animale che è in lui, ma la libertà, solo umana, ci permette di dominarlo. Poteva andare diversamente, non c’era nulla di predeterminato, perché nella nostra fede non esiste il destino, ma solo il disegno provvidente di Dio che mette in gioco la nostra libertà. Dalla storia dei primi due fratelli si sono consumati innumerevoli fratricidi, eppure è proprio da questa storia che nasce il bisogno di fratellanza di ogni uomo, anche di quello che si è macchiato del sangue dell’altro e che viene “segnato” perché viva e si salvi. Se è da questa pagina che traiamo il principio per cui “nessuno tocchi Caino” e nessuno si permetta quindi di imporre la pena di morte ad un altro uomo e sempre da questa pagina che accompagniamo l’uomo Caino nel suo cammino di colpa, di pena, ma anche di redenzione, di nuova volontà di incontrare il fratello.
Ed è così che i figli di Caino, che siamo noi, hanno saputo anche donarsi gesti di pace, di ascolto, di comprensione, sopportandosi vicendevolmente, prendendosi le colpe altrui, aiutando il più debole. Sono tutte le facce del prisma che l’amore fraterno sa offrire all’esperienza degli uomini e delle donne figli degli stessi genitori. Fratelli che si immolano per la causa del più piccolo, che rinunciano ai propri sogni perché se ne realizzino di altrui. Fratelli che si incontrano nell’affascinante mondo dell’adozione, in cui sulla propria pelle si vive che non è il sangue a dettare la legge della fratellanza, ma qualcosa di più profondo e talvolta invisibile. L’amore fra fratelli allora non è solo un’utopia, ma un cammino possibile, un lungo ed appassionante cammino che dai legami di parentela, passando attraverso la piena umanità di Gesù, al compimento della storia, diviene un cammino universale, in cui, echeggiando le parole del Papa e prima di lui del grande santo Francesco, possiamo davvero dirci “Fratelli tutti”. Vivere da fratelli è una sfida quotidiana: talvolta – come detto – fra le mura domestiche sembrano consumarsi i conflitti più aspri, eppure è proprio la famiglia quel campo ogni giorno a disposizione per imparare un gioco che non ha regole e che si chiama amore.