Ius soli, "Lettera al mio professore, Enrico Letta. Non ci escluda dal processo di riforma”
Youness Warhou, uno dei fondatori del movimento Italiani senza cittadinanza scrive al neo segretario del Pd. “Quella sulla cittadinanza è la madre delle battaglie perché ne va della qualità della nostra democrazia"
“Caro Professor Letta, sono un ex studente della sua Scuola di Politiche e uno degli Italiani cresciuti in questo nostro paese ma non riconosciuti per legge. Sono sicuro che comprenderà le mie paure, la mia posizione e quella di tanti nella mia stessa situazione. Scrivo perché dopo il suo discorso dove ha citato lo "ius Soli" si è ripresentata l’ennesima polemica su questo argomento molto delicato e che prendo come missione personale, visto anche che mi riguarda direttamente”. A rivolgersi direttamente al nuovo segretario del Pd è Youness Warhou, uno dei fondatori del movimento Italiani senza cittadinanza.
“Le destre ovviamente non hanno perso tempo a disinformare ancora una volta sul tema ed a deviarne il significato. Di “Cittadinanza facile per gli immigrati” ha erroneamente parlato il leader della Lega, sbagliando in pieno perché noi qui cresciuti non siamo immigrati ma figli di immigrati portati qui dai nostri genitori - spiega il ragazzo -. Non potevo ignorare una impostazione così sbagliata perché, come lei insegna, dobbiamo insistere nel mettere le parole giuste nel posto giusto. Perché le parole hanno un peso e come dice Carofiglio, non vanno svuotate dal loro senso”.
Warhou ricorda a Letta che il movimento Italiani senza cittadinanza difficilmente viene coinvolto direttamente nel dibattito politico o nel processo decisionale relativo alla riforma della legge 91/92. “Veniamo o utilizzati come mascotte a cui applaudire perché emozionano o come una voce di menù da scegliere se conviene e da sbandierare ad ogni giro elettorale - aggiunge -Forse se venissimo ascoltati con attenzione potremmo mettere in evidenza i problemi incostituzionali della legge attuale, avremmo ad esempio segnalato che forse solo sburocratizzando il processo della cittadinanza avremmo migliorato la vita di tante persone. Non vogliamo più essere solo una voce nel menù, ma persone con dignità che si siedono al tavolo dove si parla dei propri diritti”.
Il ragazzo sottolinea che quello italiano è il percorso di cittadinanza più lungo di tutta l'Europa.
Un percorso peggiorato dopo l’entrata in vigore dei decreti sicurezza. “Inutile dire che i tentativi di correzione di questo problema sono stati timidi e poco utili e che quando abbiamo assistito ai festeggiamenti eravamo un po’ confusi.
Cosa si stava festeggiando? Il maquillage dei decreti come li aveva giustamente definiti il sindacalista Aboubakar Soumahoro? La sensazione, professore, è che non siamo mai stati una vera priorità - continua la lettera -.
Gli Italiani senza cittadinanza sono una parte della società che non è più composta solo da bambini ma anche da adulti, lavoratori e lavoratrici, persone competenti e con un grande contributo da dare a questo paese e che sono italiani non immigrati come cerca di far capire la destra. Mi piacerebbe che non venissero esclusi ancora una volta mettendo qualche volto di origine straniera giusto per racimolare qualche voto”. L’esempio è quello di Tony Iwobi, parlamentare della Lega. “Gli Stati Uniti si sono fondati sul “No Taxation without rappresentation” ma qui professore noi veniamo tassati, emarginati ed esclusi e non ci viene riconosciuta neanche l’appartenenza a questo paese - aggiunge -. La pandemia ha peggiorato ancora di più la situazione, con i Dpcm sono state sospese anche le decorrenze delle domande depositate. Già abbiamo difficoltà di accesso ai concorsi, dalle pubbliche amministrazioni ad incarichi prestigiosi in questo nostro Paese. Il mio desiderio è di non essere esclusi anche dal processo di ricostruzione di un ampio fronte che deve riconoscerci parte del Paese anche attraverso miglioramenti delle leggi.
Se vogliamo ripartire dai temi e non dalle poltrone allora è il momento di insistere sulla cittadinanza perché questa è la madre delle battaglie perché ne va della qualità della nostra democrazia".erché emozionano o come una voce di menù da scegliere se conviene e da sbandierare ad ogni giro elettorale - aggiunge -Forse se venissimo ascoltati con attenzione potremmo mettere in evidenza i problemi incostituzionali della legge attuale, avremmo ad esempio segnalato che forse solo sburocratizzando il processo della cittadinanza avremmo migliorato la vita di tante persone. Non vogliamo più essere solo una voce nel menù, ma persone con dignità che si siedono al tavolo dove si parla dei propri diritti”.