Imparare, da distante. La DaD continua a essere necessaria e il bilancio va fatto partendo da questo assunto
La prospettiva che il sistema dell'insegnamento a distanza proseguirà anche l'anno prossimo (speriamo solo parzialmente) è più che fondata.
La Didattica a distanza (DaD) ha i giorni contati, almeno per quest’anno scolastico. Siamo infatti quasi al termine delle lezioni e anche di questa controversa sperimentazione. Si prova a fare dei bilanci (e delle polemiche, finanche delle parodie) di una esperienza nata, non lo dimentichiamo, in un momento difficilissimo ed emergenziale del nostro Paese.
Da più fronti ci si agita e si ricorda con severità che “la scuola è soprattutto relazione”. In più si evidenziano le lacune (grosse) di questo sistema. Chiaro che sia così, ma insomma non c’era bisogno di una pandemia per arrivare a questa conclusione…
La DaD può essere una metodologia di insegnamento efficace se utilizzata in sinergia con altre strategie; l’utilizzo di una piattaforma online per la trasmissione dei saperi non può essere un ambiente esclusivo di apprendimento. Però, fino a qualche giorno fa, eravamo tutti rintanati nelle nostre case e ancora oggi le scuole non sono in grado di accogliere fisicamente i propri studenti: troppi rischi, troppe incertezze. Quindi la DaD continua a essere necessaria e il bilancio va fatto partendo da questo assunto. Inoltre la prospettiva che il sistema dell’insegnamento a distanza proseguirà anche l’anno prossimo (speriamo solo parzialmente) è più che fondata.
In effetti, gli strumenti e la formazione per i docenti erano già stati previsti dal Piano nazionale per la scuola digitale, ma nessuno immaginava che l’apprendimento online sarebbe diventato il protagonista dell’ultimo scorcio di questo anno scolastico 2019/20.
All’inizio è stata un po’ una sfida: la scelta della piattaforma giusta, l’organizzazione delle lezioni e degli orari, il coinvolgimento dei ragazzi, il coordinamento fra i diversi docenti e il dirigente scolastico, la gestione dei percorsi individualizzati e la scelta delle strategie.
Si sono susseguiti diversi stati d’animo. La possibilità di fare lezione “a distanza” è parsa subito un’ottima opportunità, ma poi sono emerse molte criticità. Dopo l’iniziale entusiasmo, e l’iniziale smarrimento organizzativo, la didattica ha tentato di riprendere il suo passo, scoprendo poi in corsa di doverlo “cambiare”, calibrando i contenuti sui nuovi strumenti di condivisione.
La gestione del gruppo classe è stata complessa, tra i reali problemi tecnici e le trovate furbacchione degli studenti tendenti all’imboscamento: “il microfono non funziona”, “prof non la sento”, “non ho la videocamera”, “il pc serve a mio padre”, “la connessione salta”, “prof non riesco a inviare/scaricare i compiti”, ecc. Poi c’è stata la conta dei desaparecidos, i cosiddetti alunni “irraggiungibili” o “disconnessi”. I docenti si sono improvvisati “pastori del gregge” alla ricerca della pecorella smarrita fuori dal recinto.
Altro aspetto interessante è stata la crociata contro i “letargici”, coloro che hanno approfittato del lockdown per recuperare tutto il sonno accumulato nel decennio precedente e che al mattino dovevano essere buttati giù dal letto da una task force formata dal gruppo classe (docenti compresi).
Anche “entrare nelle case” è stata una esperienza singolare. Si ha avuto modo di approfondire il famoso “contesto”, che viene descritto minuziosamente nei documenti ufficiali delle istituzioni scolastiche. Contesto e aula si sono in qualche modo compenetrati, compreso il sottofondo delle voci di fratelli, genitori e nonni del discente.
La DaD ha anche evidenziato divari sociali e situazioni di disagio. Gli studenti svantaggiati sono stati parzialmente aiutati con dei fondi elargiti dal Ministero per l’acquisto di pc, o sussidi che permettessero la connessione. Ma, anche qui la riflessione urge, serviva la DaD per capire che viviamo in un Paese dove le pari opportunità e l’uguaglianza sono ancora formule utopistiche in alcune zone? E i dati della dispersione scolastica e dell’abbandono del percorso di istruzione/formazione non erano altrettato rivelatori? Non bastavano le denunce dei docenti e le svariate segnalazioni ai servizi sociali, di cui ogni anno le scuole si fanno carico?
Insomma, la DaD lascia aperti molti spunti di riflessione da riprendere in mano prima di settembre. Il nodo più grosso è quello relativo alla valutazione. Come si può interrogare online e somministrare verifiche attendibili? Soprattutto come si possono valutare correttamente i Dsa, i Bes e gli alunni in difficoltà? Come seguire in maniera adeguata e coscienziosa i processi di apprendimento?
L’estate sarà il tempo delle opportune meditazioni. Lo scombussolamento della pandemia chiede una rivisitazione di obiettivi e percorsi alla scuola e all’intera società. Siamo pronti a farlo?