Il grido nel buio. Gli “Alfieri della Repubblica” e i ragazzi delle periferie cittadine
La violenza arriva quando le relazioni saltano, quando alle scuole chiuse seguono l’assenza della società e quella dei genitori lasciati solo a gestire l’esplosione dell’adolescenza.
Sui giornali di questi giorni due notizie sembrano contrapporsi. La prima ha come titolo: “Ventotto giovanissimi eroi nel buio del 2020, così la meglio gioventù ha affrontato il Covid”, la seconda: “Presi i giovani che saccheggiarono Torino “incattiviti, feroci, sono capaci di tutto”.
La prima notizia riguarda la nomina di “Alfieri della Repubblica” che il presidente Sergio Mattarella ha assegnato a ragazzi e ragazze che sono stati un esempio di altruismo, di coraggio e creatività nei giorni del lockdown 2020.
Hanno la stessa età i 37 ragazzi, esclusivamente maschi, che la notte del 26 ottobre hanno devastato negozi, incendiato cassonetti e lanciato bombe carta contro la polizia nel centro di Torino. Si erano inseriti in una manifestazione contro le restrizioni per la sicurezza sanitaria. Provenivano dalla periferia torinese, forze dell’ordine e magistratura si sono mosse e sono scattati i provvedimenti di legge.
Gratitudine e ammirazione per gli “Alfieri della Repubblica” che rappresentano un’infinità di ragazzi e ragazze che nel nostro Paese hanno insegnato e stanno insegnando anche agli adulti il senso della cittadinanza, il valore della dignità umana in momenti difficili.
Preoccupazione e amarezza per i 37, per la maggior parte minorenni, che a Torino si sono rivelati più violenti dei maggiorenni. Il commento dello psichiatra Vittorino Andreoli va oltre i giudizi e le sentenze: “Bisogna dare dei ruoli sociali agli adolescenti mentre purtroppo la società non li tiene in considerazione, così come fa con i vecchi”.
Non è la prima volta che dalla periferia, non solo quella torinese, si leva un grido che si esprime in una violenza che non è giustificabile, che non può essere oggetto solo di misure repressive e neppure considerata un frutto amaro dell’immigrazione.
La violenza arriva quando le relazioni saltano, quando alle scuole chiuse seguono l’assenza della società e quella dei genitori lasciati solo a gestire l’esplosione dell’adolescenza.
A differenza delle banlieue francesi o belghe le periferie italiane reggevano perché le reti di prossimità, comprese le comunità parrocchiali, erano una risposta concreta all’anonimato e alla solitudine. Oggi, anche a causa del Covid, la situazione sta peggiorando. La stessa politica, che in passato si era gonfiata il petto nel parlare di questi luoghi ai bordi della città, balbetta o tace.
Rompono il silenzio gli “Alfieri della Repubblica” che, né buonisti né eroi, sono cittadini pronti ad accogliere il grido di chi è nel buio, il grido dei coetanei delle periferie.