Il documento presentato da Draghi in Europa: un’analisi lucida della situazione, e delle possibili contromosse
Le terapie: come va curata la scarsa crescita economica, il calante peso continentale rispetto ad altri competitors, le difficoltà ad agire insieme e non in ordine sparso
Non si sa se la mossa fosse “politica” (rimettere in pista Mario Draghi per il dopo elezioni europee) o meramente economica: Ursula von der Leyen aveva affidato all’ex premier italiano l’incarico di studiare come l’Unione può recuperare quella competitività che ultimamente sta arrancando. Fatto sta che l’incarico ha sortito un documento presentato dallo stesso Draghi alle orecchie europee: un’analisi lucida della situazione, e delle possibili contromosse.
Ovviamente quel che più interessano sono le terapie alla malattia: come va curata la scarsa crescita economica, il calante peso continentale rispetto ad altri competitors, le difficoltà ad agire insieme e non in ordine sparso. Partendo da una considerazione draghiana: l’Ue ha passato gli ultimi anni a guardarsi l’ombelico – a valutare se le regole vengono rispettate dagli Stati membri, a legiferare su questo o quello, a sanzionare o promuovere – dimenticandosi che la globalizzazione compie ormai un quarto di secolo. Cioè: il mondo gira e il perno non siamo più noi.
Un esempio: abbiamo deciso di affossare i motori termici nell’automotive in modo brusco e ad una data precisa. I costruttori europei sono stati spiazzati e si sono ritrovati in deciso affanno sia nei confronti di uno specifico produttore americano, sia di tutti i concorrenti cinesi, che hanno batterie e materie prime per realizzarle. Le nostre auto sono fuori mercato, la concorrenza ci divora, le fabbriche rischiano di chiudere.
Abbiamo deciso di finanziare pesantemente la nascita dei sistemi di produzione di energia “puliti”, trascurando il metano; poi ci siamo svenati per acquistare metano quando il principale fornitore è finito dietro la lavagna; ora ripuntiamo sul solare e sull’eolico, con tecnologia quasi totalmente cinese, di uno Stato che sovvenziona i suoi produttori e ostacola la concorrenza.
Terzo esempio: abbiamo scelto di spostare la grande industria laddove conviene di più, per costi energetici e di manodopera; abbiamo così liofilizzato la nostra industria siderurgica (l’Italia è un esempio preclaro). Ora con il Pnrr vogliamo dare una scossa potente all’economia cominciando dalle infrastrutture: ma compriamo l’acciaio “fuori” perché il nostro non è bastante.
Insomma grandi fette di ricchezza europea si sono trasferite altrove per la miopia di determinate scelte e per la frammentazione politica della sua guida. Così siamo una scatola poco piena e assolutamente indifesa: se Putin attaccasse l’Unione e l’ombrello americano fosse chiuso, i suoi carri armati arriverebbero a Varsavia e Bucarest nel pomeriggio.
Quindi Draghi ha detto: dobbiamo essere indipendenti energeticamente, chi ha questa leva ha il futuro in mano; dobbiamo essere in prima linea nella rivoluzione digitale, chi ha microchip e ricerca ha la “benzina” di tutto; dobbiamo avere una difesa autonomia, comune e seria se vogliamo essere veramente indipendenti e sicuri. A monte: bisogna mettere assieme politiche fiscali e di bilancio, da lì parte tutto. E dobbiamo mettere a frutto quell’enorme massa di investimenti privati che ora giacciono inoperosi nei conti correnti bancari, facendo la fortuna di poche banche senza però dare spinta all’economia.
Già, e poi i politici locali che fanno? Grandi battaglie verbali su Amadeus o su qualche “diritto”?
Sì, è già così, almeno per tutti quei Paesi che non hanno riserve di grasso attorno alla pancia come la Germania e pochi altri. Le leggi di bilancio muovono le briciole (quasi sempre a scopi elettorali) e le “forze politiche” si sbranano nei talk show di turno. Tutto il resto è già deciso – volenti o nolenti – lontano da qui. Se vogliamo essere dentro quella partita, è meglio che scaliamo marcia e diamo un’accelerata verso il futuro.