Elezioni in Sudafrica: l'eredità pesante di Mandela e dell'African National Congress

Nel 1994, la maggioranza dei sudafricani poté votare in libere elezioni per la prima volta nella loro vita. Il regime dell’apartheid era giunto al capolinea, e Nelson Mandela – liberato dopo anni di prigionia – riuscì a coagulare tutte le forze del paese verso l’African National Congress (ANC), la forza di opposizione che aveva sconfitto la visione politica della minoranza bianca. Da allora l’ANC ha conservato la maggioranza parlamentare. A Mandela sono succeduti altri presidenti, ed è stata una discesa di stile e contenuti. 

Elezioni in Sudafrica: l'eredità pesante di Mandela e dell'African National Congress

Il 29 maggio scorso, a trent’anni dal quel primo voto, i sudafricani sono tornati alle urne. Questa volta l’ANC non è riuscita ad andare oltre il 40% delle preferenze. Rimane il primo partito del paese, ma dovrà cercare il sostegno di altre forze politiche per poter eleggere il nuovo presidente del paese, e governare una nazione in chiaro declino. Il voto popolare punta ad un cambiamento di rotta, non è detto che l’ANC sia in grado di gestirlo.

Infatti, i risultati nazionali differiscono alquanto dalle scelte locali. La regione del Capo ha visto riconfermare il dominio politico della Democratic Alliance. Con il 21% dei voti a livello nazionale, ma con ben oltre il 55% a livello regionale, questo partito potrebbe sostenere il nuovo governo e dare stabilità al paese, ma chiederebbe anche riforme indigeste all’ANC. Difficile che l’ANC cerchi il sostegno di uMkhonto we Sizwe (MK). Questo è il partito fondato da Jacob Zuma, ex presidente del paese, corrotto e di dubbio comportamento etico. Zuma si è ribellato contro il suo vecchio partito, ha fondato la sua forza politica e ha scelto il nome che era stato dell’ala violenta della lotta contro l’apartheid. Il MK, di fatto un partito a base etnica, ha avuto la maggioranza dei voti nella regione del Kwa Zulu Natal. È tra gli Zulu – uno delle popolazioni più numerose del paese – che questo partito trae la sua forza, aggiungendo una tensione etnica di cui il paese non aveva bisogno.

La minoranza della sinistra radicale e nazionalista degli Economic Freedom Fighters (EFF) - meno del 10% - non sembra poter incidere sul futuro del paese. Il suo leader, Julius Maleba, rimane una figura pericolosa e prona alla violenza. Altri 70 partiti si sono presentati alle elezioni, ma non hanno raccolto che le briciole.

L’ANC dovrà affrontare delle scelte difficili. È chiaro che un governo stabile potrà formarsi solo con un’alleanza con altre formazioni politiche, e che questo richiederà cambiamenti anche profondi nella politica del paese. In questi tre decenni, il Sudafrica è scivolato da prima a quarta economia del continente, e allo status di paese non affidabile. Oggi, oltre il 30% della popolazione vive sotto il livello di povertà. La disoccupazione è ufficialmente al 32%, ma nelle campagne supera generosamente il 50%. Il coefficiente Gini, che misura la distribuzione della ricchezza in una nazione, calcolato dalla Banca Mondiale, sancisce il Sudafrica quale paese più diseguale al mondo.

La società sudafricana è inoltre molto violenta. Da anni il Sudafrica ha il triste primato di essere la capitale mondiale delle violenze sessuali. Inoltre, secondo l’indice di criminalità che misura omicidi, rapine violente e altre forme di criminalità, il Sudafrica è la quinta nazione al mondo per pericolosità. Alcuni sottolineano che durante l’apartheid la violenza era tenuta nascosta, ma era presente. Ora se ne parla perché a farne le speso sono tutti i settori della società, e anche i bianchi ne fanno esperienza. Vero, ma è pur sempre vero che la criminalità non accenna a diminuire, e che la varie iniziative governative non hanno per ora ottenuto alcun successo.

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Questi dati cozzano con l’immagine che gli stranieri hanno del Sudafrica. Un paese ricco, con risorse immense, una vera tradizione accademica, e una grande capacità manifatturiera. In realtà, tutti questi punti positivi sono oscurati dalla corruzione invasiva, e dall’incapacità di amministrare la ricchezza del paese. Lo ha dimostrato la gestione del ex presidente Zuma. Zuma è stato accusato di tutto: da abusi sessuali ad appropriazione indebita di fondi pubblici, passando per la diffamazione. La sua presidenza ha segnato un declino del sostegno che l’ANC aveva nel paese.
Nelle prossime settimane, il Presidente Cyril Ramaphosa (in foto) dovrà incontrare i leader delle varie forze politiche, e sperare di trovare una formula che permetta la formazione di un nuovo governo. Ramaphosa ha spesso sottolineato che, nonostante i chiari limiti del suo governo, i sudafricani hanno già raggiunto dei buoni risultati in questi anni. Milioni di cittadini ora vivono in case costruite con criteri moderni, molti poveri sono riusciti a raggiungere la classe media. Egli ha anche promesso milioni di nuovi posti di lavoro.

Non è dello stesso parere chi vota per la Democratic Alliance (DA). Questo è un partito liberale che vuole mettere un freno ai programmi di nazionalizzazione e aprire il mercato all’economia liberale. È giusto notare che il DA trova il suo maggior sostegno nella regione del Capo. Questa è un’area a maggioranza bianca e coloured, i meticci che ora formano un importante gruppo nella società. Queste sono persone unite dalla lingua e cultura Afrikaans, che poco ha da condividere con le etnie nere e la popolazione bianca di lingua inglese. Sarà difficile mediare tra queste visioni così diverse, e con obiettivi senz’altro non condivisi.
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Giuseppe Caramazza

Missionario comboniano

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