Da giugno i Btp dovranno trovare nuovi compratori
Se il debito da rifinanziare cresce, e più soggetti vogliono acquistarne meno, diventa indispensabile convincerne altri. Il debito pubblico che rischia di rompere gli argini concordati non piace alla Commissione Ue: a giugno Bruxelles si potrà far sentire con raccomandazioni dure fino alla procedura di infrazione. E’ più probabile però un ennesimo slittamento a settembre quando la nuova Commissione Ue inizierà il mandato mentre a Francoforte finirà quello del presidente italiano della Bce, Mario Draghi
Gli operatori economici si attendono, dopo le elezioni europee, un Governo concentrato sulla ripresa. Una crescita stimata allo 0,1/0,2% non è il contesto adatto per creare lavoro e complica la già difficile gestione dei conti pubblici. Se la conclusione della bagarre elettorale coincidesse con una schiarita nei rapporti fra Usa e Cina si aprirebbe una fase migliore. Sul contrasto fra le due grandi potenze si è innestato un indebolimento generale che frena i Paesi forti e gela i deboli. Immaginare una svolta rapidissima non è realistico eppure un segnale di distensione aiuterebbe i rapporti internazionali e le economie. Tornerebbe l’ottimismo che è mancato dall’inizio dell’anno.
Giugno e luglio non sono mesi facili per la gestione del debito pubblico italiano: devono essere raccolti oltre 60 miliardi di nuovi prestiti mentre ne vanno in scadenza meno di 30 miliardi. Ipotizzando che gli investitori e le famiglie confermino nuova fiducia nei BTp di Stato rimettendo il denaro appena incassato (cedole e capitale) nei titoli pubblici, resterebbero altri 30 miliardi da far sottoscrivere a soggetti italiani e stranieri. Per ingolosirli lo Stato, cioè le casse pubbliche, dovrà offrire tassi di interesse remunerativi e l’assoluta certezza che il capitale verrà restituito.
Se cresce il dubbio sulle capacità di pagamento italiane, chi presta denaro chiederà di essere remunerato meglio per affrontare un rischio percepito come crescente.
Un rendimento del 2,6-2,8% è un segnale preoccupante che si riflette nel collegato spread (che misura la differenza di rendimento fra obbligazioni decennali pubbliche di Italia e Germania) pericolosamente vicino ai 300 punti. In campagna elettorale, soprattutto nella componente Lega, sono stati disconosciuti alcuni parametri comunitari di indebitamento rispetto alla ricchezza prodotta (Pil, prodotto interno lordo).
Come un’impresa indebitata o anche una famiglia, lo Stato che chiede soldi “spreca” troppe risorse (circa 65 miliardi) per pagare alti interessi e ne ha meno per gli investimenti e per gli interventi laddove servono.
Che probabilità ci sono di vedere un ridimensionamento degli interessi pagati e quindi uno spread meno vistoso? Grande variabile Usa-Cina a parte, molto dipenderà dalla coesione della coalizione giallo-verde che si è molto indebolita. Uno scenario di elezioni anticipate in autunno allungherebbe – al di là dell’esito del voto europeo – una fase di incertezza che non ha aiutato in questi mesi e non aiuterebbe nei prossimi. La Bce, dopo la fine del Quantitative Easing (cioè l’immissione abbondante di liquidità) non può più acquistare titoli europei come prima. E vogliono comprare meno titoli di Stato italiani anche le banche e le assicurazioni, come hanno ammesso pubblicamente in queste settimane, che ne hanno già tanti.
Il debito pubblico italiano (circa 2.300 miliardi) è detenuto per un 30% circa da investitori esteri (banche, assicurazioni, grandi fondi previdenziali o sovrani), le famiglie ne hanno un 5-10% direttamente e indirettamente attraverso i fondi comuni.
Il resto è in mano a soggetti finanziari e istituzionali italiani. Se il debito da rifinanziare cresce, e più soggetti vogliono acquistarne meno, diventa indispensabile convincerne altri. Il debito pubblico che rischia di rompere gli argini concordati non piace alla Commissione Ue: a giugno Bruxelles si potrà far sentire con raccomandazioni dure fino alla procedura di infrazione. E’ più probabile però un ennesimo slittamento a settembre quando la nuova Commissione Ue inizierà il mandato mentre a Francoforte finirà quello del presidente italiano della Bce, Mario Draghi.
Paolo Zucca