Crisi di governo. Pastore Bernardini: “Il dialogo è l’unica via per risolvere i problemi”
Intervista al pastore Eugenio Bernardini, alla vigilia del Sinodo delle chiese metodiste e valdesi che si apre domenica 25 agosto, in piena crisi di governo: “Per noi il dialogo, anche tra posizioni diverse, in una società che si vuole civile, moderna, occidentale è l’unica strada per risolvere i problemi e lavorare per il bene comune”. E spiega: “Mettersi in dialogo è l’atteggiamento di colui che presenta le sue posizioni con verità e lealtà, ma è anche pronto all’ascolto e a trovare insieme una soluzione. L’Italia ha bisogno prima di tutto di questo stile”
Si apre domenica 25 agosto a Torre Pellice (Torino), capoluogo delle “Valli valdesi” del Piemonte, l’annuale Sinodo delle Chiese metodiste e valdesi. Anche quest’anno i 180 deputati convergeranno da tutta Italia nella “capitale delle Valli valdesi” del Piemonte per decidere della vita della Chiesa e confrontarsi sui grandi temi che scuotono l’opinione pubblica italiana. Il soccorso dei migranti da parte delle ong in mare, ma più in generale la questioni migratoria, saranno al centro del dibattito. Ad un incontro pubblico dal titolo significativo, “Invece un samaritano lo vide e ne ebbe compassione”, prenderanno la parola Riccardo Gatti, capomissione della Open Arms, Giorgia Linardi, portavoce Italia della Sea-Watch, e il pastore Randy Mayer della United Church of Christ, impegnato sulla frontiera tra Usa e Messico. Ma il Sinodo – al quale parteciperà anche mons. Ambrogio Spreafico per la Cei – sarà anche occasione per un cambio di guardia: dopo 7 anni, si chiude il mandato del pastore Eugenio Bernardinie sarà eletto il nuovo moderatore. Il Sir lo ha intervistato.
Il Sinodo quest’anno si apre in piena crisi di governo. Con quale sguardo guarderete a questa Italia che fatica a trovare una pace politica e sociale?
Lo scorso anno, il Sinodo si è svolto con il governo giallo-verde formato di recente che stava affrontando per la prima volta il caso della nave Diciotti, bloccata in porto, con a bardo decine di persone salvate in mare. Ricordo che ci fu un dibattito intenso e la conclusione fu: dialogo. Dialogo anche con quel governo. Perché per noi il dialogo, anche tra posizioni diverse, in una società che si vuole civile, moderna, occidentale, ma anche in una comunità religiosa, in una Chiesa, è l’unica strada per risolvere i problemi e lavorare per il bene comune.
Cosa vi preoccupa di più?
In tutto questo anno e in particolare negli ultimi mesi siamo stati preoccupatissimi per la totale mancanza di dialogo, per il fatto che il confronto – non solo politico ma anche sociale, anche quello che viaggia sui social, quello che si registra per le strade italiane, nelle spiagge – sia arrivato ad un livello talmente aggressivo e scadente che impedisce al nostro Paese di essere una società, come dicevamo prima, civile moderna, occidentale che cerca le soluzioni comuni per il bene di tutti.
Governo nuovo o elezioni?
Noi continuiamo a ripetere che se non c’è confronto leale, dialogo nella verità, rispetto di tutte le posizioni, anche di quelle più divergenti, volontà di costruire davvero qualcosa, non si arriva al bene comune, ma soltanto alla prevaricazione di quella parte che in quel momento è o appare più forte.
Il Sinodo si apre anche a pochi giorni dalla fine dell’epopea Open Arms e Ocean Viking. L’Italia è contrapposta e il dibattito su questo tema è violentissimo. Cosa avete da dire?
La prima parola che mi viene in mente è: restiamo umani.
E soprattutto riconosciamo che il problema delle migrazioni è di grande complessità, che non può essere semplificato e che richiede l’intervento responsabile, unito, delle istituzioni internazionali e, tra queste, dei Paesi europei. Chi pensa di trovare soluzioni soltanto a casa propria, non solo mente ma sa di mentire perché è evidente che il problema è globale perché le società e quindi i confini sono impermeabili. C’è una cosa che non riusciamo a capire: come fai a pensare di fermare una nave che ha salvato in mare delle persone e sapere che nelle stesse ore sbarcano in quello stesso porto centinaia di persone che arrivano da un mare che nessuno più controlla? È propaganda e non vera ricerca delle soluzioni. Restare umani significa allora restare ragionevoli, cercare di gestire con serietà e senso di responsabilità questo dramma e trovare soluzioni vere e non propagandistiche.
La Tavola Valdese, insieme alla Comunità di Sant’Egidio e la Federazione delle Chiese evangeliche, è promotrice del progetto dei corridoi umanitari che dal febbraio 2016 ha acconsentito ad oltre 2.000 profughi di raggiungere l’Italia in tutta sicurezza. A che punto è questa proposta nel panorama politico italiano ed europeo?
Siamo al punto in cui se non prendiamo accordi seri con le istituzioni internazionali, è chiaro che i corridoi umanitari rimarranno semplicemente dei modelli in piccoli numeri, quindi simbolici. Temo anche un modo per tenersi pulita la coscienza.
Cosa ha da dire la presenza valdese all’Italia oggi?
Noi siamo persone che hanno un grandissimo amore per la propria identità, ma senza chiusure. Noi abbiamo sempre piacere di dire le nostre posizioni ma sempre, sempre con uno spirito di apertura e di ascolto. Quando prima parlavo di dialogo, non intendevo “diplomazia”. Mettersi in dialogo è l’atteggiamento di colui che presenta le sue posizioni con verità e lealtà, ma è anche pronto all’ascolto e a trovare insieme una soluzione. L’Italia hanno bisogno prima di tutto di questo stile.
Cosa dirà al nuovo moderatore?
Noi siamo quelli che vivono una vera collegialità. Questo vuol dire che se da una parte il moderatore o la moderatora ha una responsabilità soprattutto pubblica di rilievo, dall’altra siamo come i direttori di orchestra: se l’orchestra non funziona e i musicisti vanno ognuno per conto loro, il direttore fallisce.
Bisogna poi ricordarsi sempre che il mandato è a termine. Significa che tu sei finito e non infinito. In termini teologici, lo possiamo anche leggere come un controllo dell’arroganza umana che cerca a volte di volersi mettere al posto di Dio.