Ci vorrebbe un pensiero. Una lettera dell’arcivescovo di Milano “al cattolico italiano”
La lettera è indirizzata ai cattolici italiani ma subito si apre a quanti cattolici non sono, o tali non si definiscono, perché nel tempo dell’incertezza e dell’ansia sono nate e stanno nascendo molte domande “sul senso di quello che si sta facendo”.
“Che cosa pensi della vita e della morte? Che cosa pensi del bene e del male? Che cosa pensi della tua presenza in questo Paese? Che cosa pensi del futuro e della speranza?”. E’ l’arcivescovo di Milano e presidente dell’Istituto Giuseppe Toniolo, mons. Mario Delpini, a proporre queste domande nella lettera in vista della 96a Giornata per l’Università Cattolica che ricorre domenica 20 settembre e ha per tema “Alleati per il futuro”. La riflessione si pone in continuità con il discorso “Autorizzati a pensare” che lo stesso arcivescovo rivolse alla città il 6 dicembre 2018. Era un invito a riscoprire il pensare come valore, responsabilità ed esercizio indispensabili alla costruzione del bene comune.
La lettera è indirizzata ai cattolici italiani ma subito si apre a quanti cattolici non sono, o tali non si definiscono, perché nel tempo dell’incertezza e dell’ansia sono nate e stanno nascendo molte domande “sul senso di quello che si sta facendo”.
Le cose fatte, i risultati raggiunti dall’intelligenza “sono veramente stupefacenti”: la domanda sul loro senso non ne sminuisce il valore ma lo mette a confronto con la ricerca di verità e di felicità dell’uomo.
Se attenti e sensibili ai segni del tempo il pensiero “laico” e il pensiero “cristiano” non possono non avvertire l’esigenza di ritrovarsi, di stimarsi a vicenda, di rompere il rumore mediatico che copre entrambi.
L’arcivescovo di Milano si rivolge al “cattolico italiano” e, in nome della responsabilità che questa duplice appartenenza comporta, auspica “un pensiero adulto, rigoroso, attento e paziente perché la verità cristiana si riveli nella sua bellezza, nella sua altezza e profondità”.
Non sempre sono però evidenti la volontà e il desiderio di intraprendere questo percorso controcorrente. Il fare per essere è un male sottile e diffuso.
“Ci vorrebbe – scrive allora mons. Delpini – un pensiero che offra criteri per costruire, strumenti per leggere la realtà, spunti critici per migliorare, modi di operare promettenti per una crescita armonica dell’insieme”.
Il riferimento è al primato dell’educazione, della formazione della coscienza. Chiaro l’invito alla comunità cristiana perché sia davvero “un villaggio dell’educazione” come papa Francesco auspica.
Emergono dunque la necessità e l’urgenza di creare luoghi e tempi in cui ritrovare il senso del pensiero, il suo essere dono e responsabilità, il suo essere atto concreto perché atto di amore, il suo essere compagno fedele del discernimento.
“Insieme con le buone intenzioni – scrive mons. Delpini – ci vorrebbe un pensiero, un pensiero condiviso, un pensiero che apra alla speranza. Insomma un pensiero cattolico “.
E’ questione di realismo, di realismo cristiano. E’ questione di serietà, di serietà cristiana.