Briciole. Un'analisi della manovra finanziaria
Il prossimo anno ci ritroveremo ad affrontare la questione Iva e da decidere che cosa fare con reddito di cittadinanza e quota 100.
Di briciole: in buona sostanza la legge finanziaria che l’esecutivo giallorosso ha licenziato in questi giorni si è occupata del destino di briciole. Una piccola tassa di qua, un’elargizione di là, ma l’insieme di tutti i provvedimenti vale poco più di 7 miliardi di euro, tolti i 23,5 utilizzati per disinnescare l’aumento dell’Iva. Per un’economia che produce 1.750 miliardi di prodotto interno lordo (e ha 2.375 di debito pubblico), stiamo appunto parlando di briciole.
L’anno prima, governo gialloverde, era andata diversamente: 17 miliardi di euro esclusa l’Iva. Nella recente storia italiana si sono mossi 50 miliardi di euro nel 1997, 40 nel 1994 e 30 col governo Monti nel 2011. Il fatto è che i provvedimenti 2018 (di spesa, soprattutto) sono rimasti in vigore – dal reddito di cittadinanza a quota 100 per le pensioni –, “ingessando” di fatto la manovra 2019.
In questo contesto, possiamo definirla una “manovra-cacciavite”, richiamando un concetto utilizzato dall’ex presidente del Consiglio Enrico Letta a suo tempo: niente di stravolgente, ma una serie di piccole strette di qua, piccoli allentamenti di là. Aggiustatine. Chi le ha fatte, spiega che l’urgenza era la sterilizzazione dell’Iva e che i margini si amplieranno nel 2020. Ci vorrà uno spread che rimanga costantemente basso – risparmieremo così 7-8 miliardi di euro di soli interessi non pagati – e, magari, un’economia che si riprenda un pochino. Perché oggi è stagnante e, con essa, il gettito fiscale.
Purtroppo pure il prossimo anno ci ritroveremo ad affrontare la questione Iva (fior di miliardi di euro da sacrificare sull’altare delle clausole di salvaguardia concordate con l’Ue) e da decidere che cosa fare con reddito di cittadinanza e quota 100.
Il primo non era – non sarebbe – un’elargizione di denaro fine a se stessa ma il viatico per reinserire nel mondo del lavoro chi ne sia ora escluso. Rimanesse un’elargizione, va almeno ripensata. Quota 100 invece ha un problema grosso come una casa sulla groppa: è una misura triennale, quindi scadrà nel 2021. È molto costosa per le casse pubbliche, quindi non facilmente prorogabile così com’è. Ma se il problema non verrà affrontato (e quest’anno si è preferito non affrontarlo), chi andrà in pensione dopo la scadenza del provvedimento, ci andrà con quattro-cinque anni di lavoro in più. Un salto enorme e ingiusto.
Nel frattempo continua la moda di ammantare la fettina di prosciutto con un ampio e appariscente involucro. Si è parlato di “grande svolta ecologica”, di “decisa lotta all’evasione fiscale”, di “forte rilancio dell’economia” ovviamente accompagnato dal solito immaginifico piano degli investimenti pubblici. Poi si sono tassati gli involucri di plastica, tolte le accise al gasolio dei trattori e stabilito uno sgravio per chi abbellirà le facciate delle case: più fettina di mortadella, che di prosciutto.