Bimba uccisa a Catania: Parsi (psicologa), “nessuno faccia un passo indietro rispetto alle proprie responsabilità”
L’omicidio della piccola Elena nel catanese, confessato dalla madre 23enne Martina Patti che immediatamente aveva cercato di far credere essere un rapimento ritorsivo nei confronti del suo ex compagno, pone degli interrogativi per i quali la psicologa e psicoterapeuta Maria Rita Parsi, componente dell’Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza, offre degli spunti di riflessione.
“Questa donna, uccidendo la sua bambina, ha voluto dare un segnale altissimo” afferma la psicologa che cerca di analizzare, a distanza, la questione attraverso le notizie fino ad ora emerse. Notizie che farebbero pensare ad un gesto ritorsivo nei confronti del suo ex compagno, reo, forse, di essersi rifatto una vita, lasciando a lei il peso di una figlia avuta in un tempo di immaturità, di non comprensione dell’importanza di essere madre.
“Ha trasformato questa bambina in una vittima sacrificale per segnalare la sua rabbia, la sua frustrazione, il suo disagio a questo compagno che aveva deciso di ricominciare lontano da lei, ed attirare su di se tutta l’attenzione, anche se in questo caso si tratta di attenzione negativa. Ha partorito questo atto ignobile per fare fuori quella che per lei rappresentava una situazione di fallimento, di abbandono, di non riconoscimento”. Un atto considerato dalla Parsi un vero e proprio omicidio-suicidio, perché “uccidendo questa bambina, la donna ha ucciso anche se stessa, esponendosi inoltre al rischio di suicidio. Probabilmente in precedenza aveva lanciato dei segnali ma sono andati persi, e nessuno ne ha considerato la gravità” – prosegue la psicologa -, che sottolinea invece quanto sia importante cogliere i segnali depressione, odio e rabbia che spesso anticipano questi eventi e che “potrebbero essere legati anche ad una depressione post parto non curata, evitando di trascurarli o nasconderli per vergogna”. “Io credo che i segnali ci siano sempre, di depressione, di malanimo, di rabbia, di comportamento autodistruttivo e lesivo. Queste persone, prima di arrivare ad un atto del genere, sicuramente lo hanno segnalato. Hanno detto delle cose che non sono state tenute in considerazione, hanno fato delle azioni, hanno espresso tanta di quella rabbia mai sedata o contenuta, hanno avuto comportamenti verso gli stessi bambini che non sono quelli che una madre amorevole deve avere verso i figli. Il cattivo costume di far arrivare le questioni all’estremo limite per poi piangere è il vero problema. Secondo me situazioni di questo tipo dovrebbero essere contenute e prevenute, accompagnando le persone, analizzando tutti i cambiamenti drammatici nella loro vita”. Secondo la psicologa, quindi è necessario ricorrere ai servizi sociali ed agli psicologi, alle persone che possono aiutare in situazioni depressive, evitando di arrivare a gesti estremi. “Ammesso che non cada in una situazione depressiva ancora più grave, questa donna deve poter essere messa in condizione di parlare e capire perché è arrivata ad un punto tale. Elaborare il danno che ha commesso su stessa e l’omicidio che ha compiuto. In questo momento l’importante è ricostruire insieme a lei il “perché” è giunta a quell’atto, aiutandola terapeuticamente e farmacologicamente e, soprattutto, come ha fatto a suo tempo il padre nel caso del delitto di Novi Ligure, non abbandonarla. Anche se verrebbe spontaneo volerla lasciare da parte, ma non è il caso, bisogna curarla e non abbandonarla, perché anche se in modo orrendo, quella era una richiesta di attenzione”. La psicologa e psicoterapeuta Maria Rita Parsi lancia in ultimo un allarme alla società in generale, chiedendo a tutti “di stare nella realtà e di non distrarsi rispetto ai fatti. “Bisogna cercare di capire che episodi così gravi attivano situazioni già molto gravi in altre persone”, mentre concentrandosi di più sulla vicenda sottolinea, “una responsabilità certamente è sua, ma nessuno faccia un passo indietro rispetto alle proprie responsabilità. È una società organizzata in modo tale da far arrivare le persone a compiere degli atti così orribili, che certamente non sono di tutte le persone ma che certamente sono cronache di disastri e dolori annunciati”.