Arrivederci, Draghi. Il saluto al presidente della Bce che ha guidato l'Europa economica in tempi complessi
Draghi ha cercato in tutti i modi non solo di salvare l’eurozona, ma pure di stimolarla, di riattivare un’economia che cammina lenta.
Un saluto a Mario Draghi, accolto nel 2011 dalla stampa tedesca come un presidente della Bce molto poco italiano e invece molto teutonico, e ri-salutato dalla stessa stampa – oggi che se ne va dalla Bce – con il soprannome di Draghila: l’uomo che sta dissanguando il risparmiatore tedesco con la sua politica dei tassi a zero.
Non si può piacere a tutti, ma Draghi è piaciuto a moltissimi. Ha portato fuori l’euro da una palude dentro la quale rischiava di affondare; ha neutralizzato i debiti pubblici di Grecia, Italia, Spagna, Portogallo e Irlanda (su tutti) con una geniale scelta di riacquisto dei titoli pubblici da parte della Bce, che ha spiazzato la speculazione. O non ci ricordiamo più che a fine 2011 questi debiti pubblici stavano esplodendo insieme ai Paesi che li avevano creati?
L’Italia, in particolare, dovrebbe fare un monumento a Draghi. Paghiamo oggi un terzo degli interessi che pagavamo allora. Un tesoretto che la politica non ha utilizzato per abbassare il debito, ma questa è un’altra faccenda. Possiamo sopravvivere alla montagna di debiti che abbiamo proprio perché siamo dentro una moneta forte e controllata come l’euro, che a sua volta è ben gestita dalla Bce.
Draghi ha cercato in tutti i modi non solo di salvare l’eurozona, ma pure di stimolarla, di riattivare un’economia che cammina lenta. E il segnale di lentezza è dato dall’inflazione, praticamente inesistente: segno che i prezzi tendono a calare, a causa di consumi fiacchi. Non è solo per questo: abbiamo un “fornitore”, la Cina, che inonda i mercati di prodotti concorrenziali ai nostri, a prezzi stracciati. Né il resto del mondo corre a velocità particolarmente sostenuta.
Fatto sta che l’obiettivo 2% di inflazione nell’eurozona (l’ottimale: né troppo alta né troppo bassa) non è stato raggiunto, siamo alla metà scarsa. Ma per quanto la Bce possa stimolare gli investimenti – i tassi sono a zero, i mutui al minimo storico, le aziende possono finanziarsi a costi ridicoli – sono poi altri che devono darsi da fare: imprenditori, banche, Stati, individui. C’è chi ha colto la palla al balzo (Francia e Portogallo su tutti), chi fatica (Germania), chi è tornato ai bordi della recessione (Italia).
A Draghi succede Christine Lagarde, non propriamente un’economista anche se arriva da prestigiosissimi incarichi. Ha più un coté politico: servirà, perché la gestione della moneta non è solo un fatto tecnico; ma allo stesso tempo preoccupa, perché la “flessibilità” ai venti che giungono da tutte le parti rischia di essere maggiore di quella di Draghi, che ha saputo sfidare la Germania nel momento in cui in Europa non si muoveva foglia senza il beneplacito di Berlino. Tenendo duro e vincendo.