Aprire o chiudere? Forse si guadagna a chiudere le scuole superiori. Certamente si perde qualcosa.
In effetti, più che i problemi creati dalla presenza in aula, i temi delle polemiche sono stati legati al “contorno” della scuola.
Le scuole devono restare aperte. No, bisogna chiudere per evitare i contagi, non ci sono le condizioni di sicurezza.
Semplificando, sono più o meno questi i termini del confronto sui temi scolastici in atto nel nostro Paese assediato ancora una volta dalla pandemia. Ed è difficile, se non difficilissimo, trovare una via mediana che permetta di ragionare con pacatezza tra paura e senso della realtà.
La paura è giustificata. I contagi, i morti, la situazione drammatica degli ospedali: tutti i giorni questo refrain arriva nella testa degli italiani. Senza freni, perché la nostra società in overdose di informazione (carta, video, web, che poi vuol dire siti informativi, social, post, tweet, rilancio al quadrato – o al cubo – di opinioni/paure personali e quant’altro possiamo verificare tutti i giorni) finisce per alimentare i timori e creare quasi una bolla di terrore dalla quale è difficile uscire con ragionamenti pacati. Ragionamenti che peraltro non mancano sui media, ma il fil rouge della comunicazione e soprattutto – già detto – l’overdose di input giocano sulla paura. Che non aiuta, appunto, a ragionare. Piuttosto, insieme alla rassegnazione, scatena la rabbia, un altro sentimento che si vede esplodere all’interno della società.
La paura è cattiva consigliera. Certo, una buona dose di sano timore aiuterebbe a promuovere comportamenti collettivi improntati alla protezione di sé e degli altri. Ma servirebbe misura. I media, si dirà, fanno il loro mestiere, tocca alle persone avere, appunto, misura. Forse, nel mondo della comunicazione globale questo “appunto” non basta più.
Comunque, archiviato l’inciso, torniamo alla scuola. E ai problemi che porta con sé. Chiudere gli istituti, anche solo quelli secondari, è sembrata una misura necessaria, ancorché fortemente contestata. E in effetti, più che i problemi creati dalla presenza in aula, i temi delle polemiche sono stati legati al “contorno” della scuola: i trasporti anzitutto, con gli affollamenti degli studenti sui mezzi pubblici e di conseguenza l’intasamento per tutti. Togliere gli studenti dagli autobus – semplificando – dovrebbe migliorare la situazione generale. Poi ci sono le diverse opinioni sulla sicurezza o meno delle aule scolastiche dove i contagi si possono verificare ma, sembra, con poca frequenza. E le aule per i più piccoli – che a scuola vanno normalmente con mezzi propri – restano aperte.
Forse si guadagna, dunque, a chiudere le scuole superiori. Certamente si perde qualcosa. Lo hanno detto in molti: stare in classe è molto di più che trovarsi davanti al video del pc. Quando è possibile, poi, dal momento che non tutti hanno gli strumenti tecnici a disposizione, le connessioni scolastiche sono tante volte insufficienti, le modalità della didattica a distanza (la “dad”) perlopiù lasciate all’inventiva individuale. C’è chi racconta di interrogazioni al pc con studenti bendati per evitare che possano “copiare”… gli aneddoti, veri e falsi, si sprecano.
In ogni caso, la strada ormai è intrapresa e quello che conta è renderla il più agevole possibile. Il Ministero fa sapere di aver appena stanziato ulteriori 85 milioni di euro da destinare alle scuole per la didattica a distanza (più altri 3,6 milioni specifici per le superiori) così da avere a disposizione oltre 200 mila nuovi dispositivi e oltre 100 mila connessioni. Evidentemente i banchi a rotelle, che tanto hanno fatto sorridere, non erano la priorità. E la carenza infrastrutturale in ordine al digitale non è scoppiata all’improvviso. Davvero non si poteva pensarci prima?.