A Sanremo ogni scandalo vale. Serie di “casi” orchestrati nel nome del “dio share”. Manca la musica
Mensa universitaria affollata. Interno giorno. Martedì a pranzo, una manciata di ore prima di andare in stampa con questo numero. Seduti al tavolo, tre ragazzi parlano di Festival: lui difende l’indifendibile (Paola e Chiara), lei che non si sarebbe mai aspettata una cosa del genere da Elodie (che c’è da rimproverarle?), un’altra lei che certifica la perfezione del Mengoni nazionale.
Sono passati tre giorni dal calo del sipario dell’Ariston e questi “duemila” ne stanno ancora parlando, i nomi di Rosa Chemical o di Fedez (in questi giorni in bocca e sui social di tutti) non pervengono. È il segno di un evento sempre più ampio e pervasivo: ipertrofico, per citare Adriano Fabris, filosofo morale dell’Università di Pisa. Osservazioni empiriche, dati di share, ma anche le rilevazioni della Nielsen – che danno l’idea di quanto il 73° Festival della canzone italiana sia stato seguito su schermi non...