Cosa si muove dentro di me? Lo riconosco, ci lavoro e...
Sono davvero tante le “sfumature” presenti nel nostro cuore. E quante ne vorremmo ancora...
Sentimenti, affetti ed emozioni ci connotano profondamente e costituiscono, nel loro essere cangianti, lo splendore del nostro essere umani. Spesso, volendoli troppo precisare, ci ingarbugliamo e preferiamo dire semplicemente che «è così che ci sentiamo».
È importante, però, superare il tradizionale conflitto tra il pensiero e i sentimenti, o tra razionalità e affettività o, ancora, tra mente e cuore. Nella Bibbia, per esempio, il cuore è considerato la sede del pensiero, del discernimento, delle decisioni, dell’incontro con Dio. Il pensiero, dunque, è affare di cuore. Occorre poi intendersi circa la specificazione di emozioni e sentimenti, dove le prime rappresentano le inevitabili reazioni istintive agli stimoli che costantemente colpiscono il nostro corpo (le emozioni, cioè, rappresentano la componente neurofisiologica) e i secondi rivelano come noi interpretiamo la realtà (hanno quindi un carattere più attivo). Entrambi i livelli, per così dire, costituiscono un unico processo che, secondo me, è ben indicato nel termine ebraico lev, cuore: unità originaria, fucina sempre all’opera, che plasma quel mistero che ognuno di noi è.
Etty Hillesum, in una espressione bellissima, dice di voler essere «il cuore pensante della baracca» (Diario 1941-1943, Adelphi, 1996), riferendosi al contesto del campo di concentramento in cui è reclusa, insieme a tanti altri esseri umani sofferenti. Ella vuol farsi fiamma vivente di una audace visione della vita, che proprio in mezzo alla sofferenza più atroce sa scorgere la luce di un amore che custodisce.
Nella Bibbia troviamo molte emozioni attribuite sia all’essere umano sia a Dio, che ci appare ricco di pathos. L’ideale dell’uomo biblico infatti non è l’indifferenza, ma piuttosto l’educazione del desiderio, dal quale scaturiscono emozioni e sentimenti contrastanti, che non vengono censurati, poiché solo esprimendo quello che c’è nel cuore dell’essere umano è possibile correggerlo, plasmarlo. Il testo sacro si pone quindi come una sorta di specchio in cui ciascuno di noi può ritrovare emozioni e sentimenti simili, li può esprimere, li può orientare (basti pensare ai salmi imprecatori).
È significativo che nella Bibbia vengano espressi sia sentimenti positivi, come la lode e la gratitudine, sia il lamento, l’indignazione, la presenza del male; questo ci “autorizza” a esprimere anche i sentimenti negativi che sperimentiamo nella nostra vita quotidiana, sia verso gli altri sia nei confronti di Dio, e che tendiamo a censurare, precludendoci così la possibilità di vederli, chiamarli per nome, esprimerli nella preghiera, trasformarli.
Dio sa che il nostro cuore è abitato da un conflitto tra spinte contrastanti. San Paolo (Rm 7,19) lo sintetizza bene dicendo «faccio quello che non voglio e non faccio quello che voglio»; i padri del deserto, come Evagrio Pontico (345-399) hanno individuato nei pensieri le grandi tentazioni alla vita spirituale; sant’Agostino indica nel “desiderio”, come tendenza a partire da una mancanza, la strutturazione del processo della conoscenza: l’uomo stesso, come indigente, diventa una domanda per se stesso, un abisso che spinge alla ricerca. Sant’Ignazio di Loyola arriva a mettere a punto un percorso in cui ogni persona è chiamata a esercitarsi, per riconoscere ciò che la muove interiormente, riconoscendo i pensieri e i sentimenti che li accompagnano, in modo da poter discernere e decidere in quale direzione proseguire per trovare il meglio della propria vita.
Inizieremo quindi, su queste pagine, un piccolo percorso, prendendo in considerazioni alcuni sentimenti, i più “noti”, alcuni colori di quell’arcobaleno che si irradia continuamente dal e nel nostro cuore, ben consapevoli dell’esistenza di mille sfumature (e del non poter essere esaustivi su un tema così ampio), ma anche desiderosi che la nostra vita sia più ricca e luminosa.