“Ti abitui ai pidocchi e agli sguardi vecchi dei bambini”: l’umanità in transito di Canapini
"Il gioco dell’oca. Quaderni di frontiera" è l’ultimo lavoro di Matthias Canapini. Nel libro, ripercorrendo le principali rotte dei migranti che dall’Africa subsahariana al Medio Oriente,si snodano fino al cuore d’Europa, racconta le storie di piccoli e grandi che viaggiano alla ricerca di un destino migliore
"A nord, lungo il muro di Orbàn (una barriera di filo spinato e telecamere alta 3,5 metri e lunga 175 chilometri presidiata dai militari ungheresi) e nei campi informali di Bihac e Velika Kladusa, in Bosnia, raccontano che emigrare è un’incerta odissea durante la quale ti abitui alle umiliazioni, ai pidocchi, agli sguardi vecchi dei bambini. Ogni volta sradicati, braccati, tentando di fare gruppo pur di non sopperire agli eventi". Le parole di Matthias Canapini, fanese classe 1992, anticipano il contenuto del suo ultimo reportage "Il gioco dell’oca. Quaderni di frontiera" pubblicato da Prospero editore. Appunti, ricordi e dialoghi, in cui l’autore ripercorre le principali rotte dei migranti che dall’Africa subsahariana al Medio Oriente si snodano fino al cuore d’Europa.
Taccuino e macchina fotografica, sono questi i suoi bagagli, Canapini non se ne separa mai, viaggia per essere in cammino, per documentare (e immortalare) la storia delle persone. Con lui ascoltiamo il racconto di chi cresce viaggiando, (un viaggio che ha poco di romantico), incontriamo bambini che osservano la vita con lo sguardo adulto, inciampiamo nella loro dura realtà, costretti sin da piccoli a nascondersi dalla polizia. Riflettiamo sulle parole "confini", "sicurezza", "sgomberi", "respingimenti", "deportazioni". Apprendiamo la caparbia volontà di chi, nonostante altri nel tentativo disperato di cercare un destino diverso, hanno poi trovato la morte, non ha comunque intenzione di fermarsi.
Cambiano i confini ma non la storia
"Tre mesi in Serbia e altrettanti in Macedonia e in Bosnia. Può sembrare grandioso crescere viaggiando, ma non è così romantico come sembra. Non è semplice nascondersi dalla polizia, restare a digiuno nel bosco per giorni in attesa del trafficante pagato, bere acqua piovana", sussurra Hena, dall’alto dei suoi dieci anni, con l’inglese acerbo di chi mastica la polvere della strada.
"A Claviere - spiega l’autore - l’unica struttura d’accoglienza per profughi e migranti consisteva in un sotto chiesa occupato, ribattezzato 'Rifugio autogestito Chez Jesus': un laboratorio di convivenza durato mesi”. È qui “tra materassi e zuppe condivise", che ha conosciuto Mamoud, detto Memé, 24 anni, una delle tante anime di passaggio. "Senegalese originario di Dakar - prosegue Canapini -, Memé ha spalle da rugbista e zigomi alti e levigati. "Sono partito per cercare il mio destino - racconta Memé -. Viaggiare ti apre la mente, ho conosciuto gente da tutta l’Africa lungo la rotta del Niger. In Libia mi hanno appeso alle travi del soffitto e bastonato, di notte non chiudevo occhio per le cimici. Niente cibo né acqua per due giorni. Mi sono imbarcato per l’Italia senza pensare al domani. Ora sono diretto in Francia dove vorrei sposarmi, fare dei figli, lavorare e tornare un giorno a casa. But for now, my life is everywhere".
E poi arresti, sgomberi, respingimenti, deportazioni e morte. "Da Calais a Melilla, da Ventimiglia all’isola di Lesbo. Perché la frontiera continua a dividere e uccidere silenziosamente: il corpo di Blessing, ragazza nigeriana di 21 anni, è stato ritrovato all’altezza della diga di Prelles, nella Durance, il fiume che scorre sotto Briancon, primo avamposto francese scendendo dai boschi d’oltre alpe. Era il 2 maggio 2018. La stazione 'Gare du Nord', tuttora esplode di corpi raggomitolati nei sacchi a pelo. Mezzo mondo in attesa dei Passeur. La frontiera è un colabrodo", conclude Canapini.
Sabrina Lupacchini