Paesi Bassi: Covid, lockdown e proteste. Mons. Van den Hende: “La maggioranza degli olandesi segue le regole”
Tensione e manifestazioni, anche violente, hanno segnato il Paese nelle scorse settimane, dove la chiusura di scuole e negozi, decisa dal governo ad interim, non è stata ben accolta dai cittadini. Il vescovo di Rotterdam, e presidente della Conferenza episcopale, ricorda però che la nazione è consapevole dei rischi correlati alla pandemia e segnala l'impegno delle comunità cristiane a servizio delle persone più colpite. Indica, infine, la necessità di alzare lo sguardo alle altre regioni d'Europa e del mondo
Nei Paesi Bassi il 23 gennaio scorso la Camera bassa del Parlamento ha deciso l’introduzione del coprifuoco che resterà in vigore fino al 3 marzo: è la prima volta dalla seconda Guerra mondiale che si ricorre a questa misura, ha dichiarato Mark Rutte il 9 febbraio, ma l’eccezionalità della situazione di un contagio galoppante richiede misure eccezionali. La decisione era stata sottoposta al voto del Parlamento perché troppo delicata per essere assunta da un governo provvisorio. Infatti, con qualche mese di anticipo sulla scadenza naturale, il premier Mark Rutte e il suo esecutivo si sono dimessi il 15 gennaio, per la cosiddetta “vicenda delle indennità diurne”, in cui il governo avrebbe ingiustamente trattato come truffatrici migliaia di famiglie. Rutte guida ora un governo ad interim in attesa delle elezioni generali il 17 marzo. Quanto al coprifuoco, la misura è stata mal accolta da alcuni gruppi di popolazione che oltre a manifestare il dissenso hanno anche originato disordini e scontri con la polizia in diverse città. Abbiamo chiesto al vescovo di Rotterdam, nonché presidente della Conferenza episcopale, mons. Hans van den Hende, di offrire al Sir il suo sguardo sulla situazione nel Paese.
Può aiutarci a capire la situazione nel Paese e spiegarci come lei percepisce le persone che soffrono per la pandemia? Questa situazione sta cambiando le persone?
Da quasi un anno il Paese è consapevole dei pericoli del Covid. In un primo momento il governo ha definito le misure come “lockdown intelligente”, sottolineando la libertà dei cittadini e affidando alla responsabilità individuale di ogni membro della società la risposta ai pericoli legati al Covid. Nel corso del tempo il governo ha però deciso di emanare misure più severe.
La chiusura di scuole e negozi non è stata ben accolta.
Di recente il governo ha introdotto il coprifuoco notturno: per alcuni cittadini si è trattato di una misura inaccettabile, sebbene questa misura fosse già stata introdotta in altri Paesi.
Le rivolte e le proteste scatenate dalle norme anti-Covid sono espressione di una tensione e di una sofferenza nella società legata alla pandemia o vanno al di là?
I disordini hanno avuto luogo solo per pochi giorni in poche città e paesi. Secondo i media, alcuni gruppi hanno dato volutamente vita a queste manifestazioni violente. Ma la stragrande maggioranza degli olandesi segue le regole specifiche in materia di Covid ritenendo che la libertà non includa solo la libertà di azione ma anche la responsabilità reciproca, soprattutto quando si tratta di salute pubblica.
Come sta reagendo la comunità cristiana: fede e speranza sono un vero aiuto per le persone?
Le comunità cristiane hanno espresso le loro preoccupazioni per il Covid. Alcune comunità protestanti hanno rivendicato il loro statuto speciale sulla base della libertà di religione e hanno continuato le loro celebrazioni con gruppi numerosi e con il canto. I vescovi cattolici hanno condiviso la preoccupazione del governo per la salute pubblica, hanno preparato un protocollo speciale riguardante le celebrazioni liturgiche nelle chiese e nei monasteri di tutta la provincia ecclesiastica. Attualmente
i fedeli devono prenotare per partecipare alle celebrazioni eucaristiche
e alle altre celebrazioni liturgiche (ogni celebrazione può accogliere un massimo di 30 fedeli). La Comunione è distribuita da dietro uno schermo e per mezzo di un “tenaculum”. I vescovi hanno spiegato che la sacra liturgia non dovrebbe mai diventare un rischio di contagio.
Vede emergere qualcosa di nuovo tra le persone di fede nel Paese?
Papa Paolo VI ha insegnato che la Chiesa è chiamata a stabilire nel mondo una civiltà dell’amore. La missione della Chiesa – come rete di amore e carità (cfr. Gv 15, 1-17) – include diakonia e caritas. Quasi tutte le parrocchie nei Paesi Bassi hanno una Caritas parrocchiale (i cui responsabili sono nominati dal vescovo diocesano). Attualmente queste realtà caritative sostengono diversi progetti per aiutare i parrocchiani e altre persone in questo tempo di Covid. Ad esempio, in diverse chiese parrocchiali è stato chiesto ai fedeli di portare con sé, quando si recano in chiesa per l’adorazione eucaristica, prodotti alimentari di lunga durata per sostenere il banco alimentare della città,
perché preghiera e carità vanno di pari passo!
Nella mia diocesi di Rotterdam ho premiato con il “Premio Santa Elisabetta” più di 50 progetti di parrocchie e di Caritas parrocchiali per sottolineare la grande importanza delle opere di carità per la missione della Chiesa, e per ringraziare gli operatori coinvolti.
Lei considera la risposta politica adeguata ai bisogni della gente?
Il governo ha emesso prescrizioni e regole per evitare i rischi di Covid nel nostro Paese. In questo periodo di Covid, però, l’attenzione a livello nazionale non è sufficiente. Dobbiamo concentrarci anche sulle difficoltà e le sofferenze legate alla pandemia in altre regioni del mondo (per citarne alcuni: i bisogni dei rifugiati a Lesbo, i problemi di fame e sete, povertà e mancanza di medicine) e non preoccuparci solo delle difficoltà del nostro Paese. In questo periodo, il governo non è stato in grado di ampliare la visione dei cittadini olandesi al riguardo.