Epatite e Hiv, in pandemia "tracollo dei test": fino al 21 maggio la settimana Ue
L'iniziativa avviata il 14 maggio coinvolge ong, servizi pubblici, istituzioni sanitarie per far conoscere i benefici della diagnosi precoce e rimuovere le barriere che ancora ostacolano il ricorso. "Servizi anonimi, gratuiti e aperti a tutti e tutte. In piena sicurezza anti-covid"
Si conclude il 21 maggio 2021 la settimana europea del test per Hiv e epatiti nell’ambito dell’iniziativa promossa da EuroTEST fin dal 2013. ”La European Testing Week è una delle più importanti mobilitazioni mondiali di salute pubblica”, sottolinea Lila, che per l’occasione è presente in sette città italiane (Bari, Cagliari, Como, Firenze, Livorno, Milano e Trento) e offre, in alcune sedi, anche il test per la sifilide. “Con cadenza semestrale, in primavera e in autunno, Etw vede unirsi, in tutto il continente, organizzazioni non governative, servizi pubblici, istituzioni sanitarie, nello sforzo comune di far conoscere i benefici della diagnosi precoce di Hiv ed epatiti virali, proponendo l’accesso ai test a una platea più ampia possibile. – spiega l’organizzazione - Altro obiettivo è promuovere la rimozione di tutte le barriere che ancora ostacolano il ricorso ai servizi di testing: richiesta di documenti, ticket, orari poco accessibili, servizi non accoglienti, giudicanti o privi di supporto counselling, mancanza di privacy, rischi di conseguenze legali in alcuni paesi, soprattutto dell’est europeo”.
Lo scorso anno hanno partecipato all’iniziativa più di 650 organizzazioni di ben 53 paesi in tutta la regione Europea dell’Oms rendendo migliaia di persone consapevoli di aver contratto una o più tra queste infezioni.
“I nostri servizi sono anonimi, gratuiti, aperti a tutti e tutte, prevedono colloqui (counselling) pre e post test e sostegno, in caso di positività, per l’accesso alle cure presso i servizi pubblici. Le sedi Lila sono, inoltre, in grado di offrire i test in piena sicurezza anti-covid, grazie ad un protocollo elaborato con la supervisione scientifica dall’Istituto Spallanzani di Roma, proprio per i servizi di testing svolti da associazioni e community (CBVCT)”, sottolinea la Lila". Inoltre, per chi non abbia la possibilità di eseguire il test con l'organizzazione nella propria città o per chi preferisca ricorrere ai test acquistabili in farmacia, la lIla ricorda che è attivo il servizio di aiuto a distanza per l’esecuzione dell’autotest
L’effetto della pandemia
La Lila ricorda il "forte impatto" che la pandemia ha avuto sui servizi per l’Hiv e le epatiti e, soprattutto, sui servizi e i programmi di diagnosi precoce." Unaids e i servizi sanitari di molti paesi, Italia compresa, - spiega - segnalano da diversi mesi un tracollo del ricorso ai test. "La bufera covid ha, infatti, assorbito gran parte delle risorse umane, professionali e logistiche dedicate in precedenza alle altre patologie infettive. - ricorda - Le restrizioni volte a limitare la pandemia e il timore delle persone a recarsi presso i presidi sanitari hanno fatto il resto". Per la Lila occorre "recuperare quanto prima il terreno perso perché le conseguenze di un forte aumento di mancate diagnosi possono essere molto gravi, soprattutto in tempi di covid. Non sapere di aver contratto l’Hiv o un’epatite virale può esporre, infatti, a maggiori rischi di esiti gravi in caso si contragga il SARS- CoV2, può mettere a rischio la salute delle persone e favorire, sia pure inconsapevolmente, il diffondersi di queste infezioni". Secondo l'organizzazione non va dimenticato "come la situazione fosse molto preoccupante già prima della pandemia".
Diagnosi in ritardo per il 53% di chi convive con l'Hiv
I dati del 2018 confermano che almeno il 36% dei 2,2 milioni di persone che convivono con l'Hiv in Europa non conosce il proprio stato sierologico, ricorda la Lila. Ne deriva che oltre la metà (il 53%) di chi convive con l'Hiv, abbia ricevuto la propria diagnosi con forte ritardo, spesso quando si è già in fase di Aids o prossimi a questa condizione, il che ritarda l'accesso alle cure e rende più difficile il recupero dello stato di salute.
Le epatiti B e C, spesso concomitanti con l’Hiv, riguardano, rispettivamente, quindici milioni e quattordici milioni di persone in Europa. "Tali infezioni -ricorda la Lila - sono spesso asintomatiche, non sono trattate e tendono a divenire croniche nella gran parte dei casi costituendo una delle principali cause di cirrosi epatica e di cancro del fegato. La maggior parte delle persone con epatite C rimane priva di diagnosi e solo una piccola minoranza in Europa, il 3,5% riceve le cure necessarie. Eppure gli attuali trattamenti consentono di guarire completamente dall’epatite C e di controllare l’epatite B".
"Dall’Hiv purtroppo ancora non si può guarire ma, è bene sapere, che le terapie antiretrovirali, se assunte sempre e correttamente, possono consentire di vivere in piena salute e con attese di vita simili a quelle della popolazione generale. - sottolinea l'organizzazione - Nel nostro paese oltre il 90% delle persone con HIV in trattamento, raggiunge un livello talmente basso di virus nel sangue (soppressione virologica) da non poter trasmettere il virus ad altre persone, il che preserva fortemente lo stato di salute, consente una vita sessuale e relazionale più libera e soddisfacente e anche di avere figli in modo naturale. È il principio U=U, Undetectable equals Untrasmittable, ossia, se il virus non è rilevabile non è trasmissibile, una delle evidenze scientifiche più rivoluzionarie degli ultimi anni rispetto all’Hiv/Aids. U=U è fondamentale anche per combattere lo stigma che ancora grava su chi ha l’HIV e che costituisce una delle principali barriere per l’accesso al test. Sentirsi giudicati, non accolti, temere per la propria privacy o per la propria condizione amministrativa scoraggia il ricorso al test. Conoscere il proprio stato sierologico, accedere rapidamente alle cure e raggiungere la soppressione virale è, invece, non solo un investimento sicuro sulla propria salute, ma anche, su quella della collettività perché interrompe il diffondersi delle infezioni".
"Sconfiggere l'Aids entro il 2030"
L’Onu ritiene possibile sconfiggere l’AidsS entro il 2030. Unaids prescrive per questo a tutti i paesi membri, il target 95-95-95: ossia far sì che, entro il 2025, il 95% delle persone con HIV siano rese consapevoli del loro stato sierologico, che il 95% delle stesse riceva cure adeguate e che la stessa percentuale raggiunga lo stato di soppressione virologica. Secondo le agenzie internazionali è fondamentale diversificare l’offerta del test coinvolgendo anche associazioni e community, in grado di agire anche in contesti non sanitari, non burocratici, di offrire counselling e colloqui alla pari, di essere vicini ai target meno raggiungibili. È il modello di test “Community Based (CBVCT)” adottato dalla LILA.