Coronavirus Covid-19: padre Patton ai frati, “nostra prima preoccupazione non deve essere salvare noi stessi ma cercare il bene delle persone”
“Siamo Frati Minori della Custodia di Terra Santa (Cts). In passato i nostri frati hanno dato la vita per prendersi cura degli ammalati, durante le epidemie di peste e di colera. La nostra prima preoccupazione non deve essere quella di salvare noi stessi ma di cercare il bene delle persone che ci sono affidate, a qualsiasi popolo appartengano e qualsiasi religione professino. Se ci verranno chiesti sacrifici li faremo per il bene di tutti e con la disponibilità di chi ha già donato la propria vita al Signore per amore dei propri fratelli”.
Con queste parole il Custode di Terra Santa, padre Francesco Patton, si rivolge ai frati della Custodia in una lettera loro indirizzata “per aiutarli – spiega al Sir il Custode – a vivere da frati della Cts questo tempo di coronavirus”. Per questo, scrive padre Patton, “se avremo delle attenzioni speciali non sarà prima di tutto perché abbiamo paura di essere contagiati, ma eventualmente per non trasmettere a nostra volta il contagio. E cercheremo in tutti i modi di continuare la nostra missione, tenendo conto delle indicazioni sanitarie delle autorità civili e di quelle pastorali dei nostri vescovi. Nel corso della nostra storia abbiamo sperimentato la potente vicinanza e intercessione di S. Antonio, al quale in un momento di grave difficoltà, ci siamo affidati con un voto che rinnoviamo ogni anno il 13 giugno”.
Da padre Patton anche alcuni atteggiamenti da tenere in questo tempo di contagio: “conservare la fiducia e vivere in modo personale e particolarmente intenso le tre indicazioni del cammino quaresimale: praticare la misericordia, pregare e digiunare”. Si tratta, spiega il Custode, di “tre dimensioni fondamentali della vita cristiana e della Quaresima. Proponiamole anche ai fedeli che frequentano i nostri santuari, le nostre chiese e le nostre parrocchie. Viviamole come forma di intercessione, di preghiera potente che penetra le nubi, di abbandono fiducioso che commuove il nostro Padre del Cielo”. “Siamo cittadini di molti Paesi, i nostri Paesi di provenienza e i Paesi in cui ci troviamo a prestare servizio. L’isteria del momento – rimarca padre Patton – anziché spingere alla solidarietà umana e fraterna porta oggi molti a discriminare e ovviamente molti a essere discriminati. Noi siamo parte di quei popoli che stanno soffrendo per il virus e ci troviamo a servire in Paesi che soffrono e probabilmente soffriranno ancora per il virus e le sue conseguenze. In tutti questi posti noi siamo chiamati ad essere anche buoni cittadini, che accolgono con fiducia le disposizioni sanitarie che le varie autorità adottano per il bene comune. Sappiamo che in qualcuno dei nostri Paesi le strutture sanitarie sono in grado di fare fronte a questa emergenza e sappiamo che in qualche altro Paese (penso a quelli già provati dalla guerra, come la Siria) il virus potrebbe essere ancora più letale proprio perché le strutture sanitarie sono compromesse a causa dei conflitti e a causa di sanzioni che mettono già a dura prova le popolazioni civili”. Padre Patton invita i frati a “fare nostra la litania che per secoli è sgorgata dal cuore dei cristiani: “A peste et fame et bello, Libera nos Domine”, che potremmo attualizzare in questo modo: “Liberaci o Signore dalle epidemie contagiose, dalla fame e dalla guerra”.