Bielorussia, la repressione politica non conosce tregua: arresti e violenze
Il Paese è precipitato in una spirale di repressione dopo le ultime elezioni e ancora non se ne vede la fine. Nel corso delle manifestazioni sono state finora fermate, interrogate e arrestate per alcuni giorni più di 30 mila persone. E la repressione colpisce spesso le donne, che il regime ha sempre volute tenere lontano dalla politica
Centinaia di prigionieri politici e decine di migliaia di arresti: la Bielorussia è precipitata in una spirale di repressione dopo le ultime elezioni e ancora non se ne vede la fine. Anche se i numeri ufficiali sono diversi da quelli diffusi dalle associazioni per i diritti umani. Secondo le autorità, per esempio, tra agosto 2020 e aprile 2021 sono morte quattro persone uccise dalla polizia durante le manifestazioni, mentre le organizzazioni ricordano che altre 14 sono morte in situazioni ancora tutte da chiarire.
Le manifestazioni sono cominciate dopo le presidenziali del 9 agosto e, a seguire, sono intervenute le forze di polizia. “A fine febbraio quattro nostri dirigenti sono stati arrestati e accusati di aver raccolto fondi contro il regime per alimentare le proteste. Le nostre sedi sono state chiuse e molti di noi sono perseguitati quotidianamente dalla polizia”, ha dichiarato Valiantsin Stefanovic, portavoce dell’associazione Viasna, che assiste i detenuti politici dal ’96. Stefanovic sottolinea come adesso il clima sia profondamente mutato se paragonato alle altre proteste: “Rispetto alle manifestazioni contro il regime delle scorse elezioni quest’anno è scesa in piazza tutta la popolazione. Siamo arrivati a un punto di svolta, nessuno vuole tornare indietro e per la prima volta dal 1994 siamo tutti pronti per una nuova era”. Il governo bielorusso “ricreato” in Lituania, dal canto suo, ha fatto sapere di essere all’opera per la costruzione di una nuova era per i cittadini del paese.
I reati di cui i manifestanti sono accusati sono soprattutto offesa a pubblico ufficiale, pubblicazione di atti di indagine, incitamento all’odio. E la repressione colpisce spesso le donne, che il regime ha sempre volute tenere lontano dalla politica. “Alle ultime elezioni ha vinto una donna (Svetlana Tsikhanouskaya, ndr), la prima candidata alle elezioni dalla caduta del muro di Berlino. Il 20% degli arrestati è donna e questo dimostra come finalmente si sia davanti a una rivoluzione, sociale e politica”, sostiene Stefanovic.
Le dimensioni della protesta. Nel corso delle manifestazioni sono state finora fermate, interrogate e arrestate per alcuni giorni più di 30.000 persone. Una situazione che sta rendendo invivibile la stessa quotidianità per i cittadini del paese: si rischia la prigione quando si parla in bielorusso invece che in russo, se si espone la bandiera bianca e rossa del paese e non quella di Lukoshenko, così come sono è stato fermato chi scioperava per l’aumento dei biglietti dei trasporti.
L’articolo integrale di Laura Fazzini, “Bielorussia: la dittatura silenzia le proteste con arresti indiscriminati”, può essere letto su Osservatorio Diritti.