Aziende e natalità, 8 donne su 10 dichiarano di aver subito conseguenze sul lavoro dopo la maternità
Presentata una ricerca nell’ambito degli Stati generali della natalità. Il 60% delle donne teme ripercussioni sul lavoro e rimanda così la decisione di diventare mamma. Più virtuose in tema di welfare le piccole aziende e quelle del Centro-Sud, maglia nera il Nord-Ovest. Gli strumenti di welfare più determinanti sono legati alla conciliazione, in primis la flessibilità oraria. Solo il 40% dei neo-padri usufruisce del congedo di paternità
Sono stati presentati oggi da Sfera MediaGroup, la divisione infanzia di RCS MediaGroup, nel corso della seconda edizione degli Stati Generali della natalità, i risultati della ricerca “Aziende e natalità in Italia”, volta a indagare le diverse dinamiche intervenute, tra lavoratrice e azienda, pre e post maternità.
Dall’indagine realizzata dall’Osservatorio Famiglie di Sfera MediaGroup, a cura di Federico Gilardi (Market Research Manager di Sfera MediaGroup), rivolta a mamme con almeno un figlio di età inferiore ai 6 anni e svolta attraverso i database Sfera e RCS, emerge con forza l’importanza del ruolo delle aziende nel processo decisionale della natalità, con dati preoccupanti.
La percezione del lavoro in Italia e il ruolo delle aziende
Il lavoro in Italia infatti è percepito dalle mamme come uno degli ostacoli alla natalità: “più del 60% (e il 35% in modo molto importante) delle donne rispondenti alla ricerca di Sfera MediaGroup dichiara che la paura di conseguenze negative sul lavoro, e in particolare per la difficolta di conciliazione tra lavoro e famiglia, ha ritardato la loro scelta di avere figli – si afferma -. Un timore motivato: nell’80% dei casi, infatti, le mamme dichiarano di aver avuto conseguenze negative soprattutto legate alla difficoltà di conciliazione lavoro/famiglia a seguito della nascita del primo figlio, aumentando così la paura nel pensare a un figlio successivo, dati che si riscontrano sia nell’età al parto, sia nel numero totale dei figli”.
Emerge poi come le aziende alimentino le paure: sfavorendo o non esprimendo una posizione chiara sul tema e non attivando strumenti di welfare dedicati. “Si delinea come, contrariamente al pensiero comune, mediamente le piccole aziende siano più virtuose rispetto alle medie e anche alle grandi aziende e come il fenomeno, pur trasversale a tutta l’Italia, veda il centro-sud leggermente più attento e, al contrario, il nord-ovest tra i più negativi”.
Gli strumenti di welfare
Tra gli strumenti di welfare ritenuti più determinanti dalle mamme svettano quelli per la conciliazione: con la richiesta di flessibilità oraria (50%), seguita dall’asilo nido aziendale (24%). “In questo senso, oltre il 70% dei rispondenti (che sale all’80% tra chi lo ha già provato) valuta lo smart working un alleato utile alla conciliazione e la maggior parte accetterebbe di farlo. Tra i diversi modelli, quello ritenuto più efficace è quello ibrido, con più giorni in smart working che in presenza (3:2)”.
I papà non rinunciano al lavoro
Tra gli elementi rilevati si evidenzia inoltre che i papà non rinunciano al lavoro per stare accanto alla mamma: solo il 40% dei neo-papà ha usufruito del congedo di paternità di 3 giorni (portato solo successivamente a 10 giorni), meno del 10% prende più di una settimana di ferie e, anche per motivi culturali, solo una parte molto marginale accetterebbe una sostituzione tra congedo materno e paterno.
Insostituibili si confermano invece i nonni, fondamentali per il 67% dei genitori per poter far fronte alla gestione dei figli: durante il lavoro, nelle emergenze, per gli impegni scolatici o anche solo per ritagliarsi uno spazio di riposo.
Nel corso dei tre incontri Si può fare: Salute, Conciliare e Realtà proposti da Sfera all’interno della più grande manifestazione italiana dedicata al contrasto della crisi demografica organizzata dalla neonata Fondazione per la natalità, presieduta da Gigi De Palo, si è inoltre fatto un punto tra media e sanità, supporto e prevenzione, welfare e conciliazione, maternità e paternità e lavoro.
Tra le necessità più urgenti da mettere a sistema dai tre incontri sono emerse: la promozione di una narrazione mediale equilibrata, capace di costruire un racconto sociale della maternità e della paternità realistico, supportivo e basato su conoscenze scientifiche solide; la creazione di una progettualità sinergica in merito all’educazione ai giovani e al supporto alle famiglie in tutta Italia; l’attuazione di azioni concrete volte alla conciliazione tra lavoro e famiglia, attraverso welfare aziendale, smart working, congedi parentali. I “best case” aziendali condivisi dimostrano che lavoro e figli sono compatibili.
“I dati emersi dalla ricerca e dalle tavole rotonde sottolineano una situazione desolante, ma dicono anche che le soluzioni ci sono - conclude Chiara Bidoli, direttrice delle testate infanzia di RCS MediaGroup –. Da qui dobbiamo ripartire, anche con drastici cambi di mentalità. Medici, specialisti, imprenditori, giornalisti sono tutti d’accordo, bisogna muoversi adesso e aiutare concretamente le famiglie, nel pubblico come nel privato”.