Una casa sicura per donne vittime di violenza, frutto di collaborazione
750 richieste di aiuto da parte di donne nei primi mesi dell'anno, nel 90% dei casi la violenza è subita nella relazione intima (marito, compagno o ex marito), hanno fra i 30 e i 50 anni con figli per lo più minori e chiedono aiuto per se stesse e per i figli che sono vittime dirette o indirette della stessa violenza.
Sono alcuni dei dati drammatici raccolti dal Centro Veneto Progetti Donna che da quasi un anno ha in gestione anche un appartamento di accoglienza in emergenza in collaborazione con le Suore della Divina Volontà e la Caritas diocesana.
Nei primi mesi del 2018 sono 750 le richieste di aiuto da parte di donne che hanno subìto una violenza, e ben un terzo sono residenti nel Padovano: è quanto rilevato dal Centro veneto progetti donna che ha quattro centri antiviolenza (a Padova, Este, Alta Padovana e Saccisica) e sei sportelli in provincia. Da quasi un anno il centro ha in gestione anche un appartamento di accoglienza in emergenza dato in comodato d’uso gratuito dalle suore della Divina Volontà. Un progetto, finanziato per un anno dalla Fondazione Cariparo, in convenzione con Caritas Padova che ne garantisce la riservatezza e fa da supervisore.
Nell’appartamento (due camere, bagno, cucina, sala tv e lavanderia) in meno di un anno di attività sono state attivate nove accoglienze a favore di altrettante donne e 13 figli. «Il progetto – spiega Eleonora Lozzi, responsabile accoglienza del Centro veneto progetti donna – permette di dare una soluzione immediata, entro due-tre ore dalla richiesta di aiuto. Un posto sicuro per attivare una rete di aiuto dopo una valutazione completa che coinvolge anche altre realtà, come servizi sociali, pronto soccorso, polizia. Dovrebbe essere una permanenza breve, massimo un mese, purtroppo non sempre è così».
Nel 90 per cento dei casi la violenza è subita nella relazione intima (marito, compagno o ex marito) e non da persone sconosciute; sono donne fra i 30 e i 50 anni con figli per lo più minori e chiedono aiuto per se stesse e per i figli che sono vittime dirette o indirette della stessa violenza. «L’appartamento – specifica suor Valeria Pengo, la superiora – veniva utilizzato dalla Caritas, in comodato d’uso gratuito, per ospitare le badanti in attesa di una famiglia da accudire. Volevamo però rispondere a bisogni più urgenti ed è nato così il progetto. Siamo quattro suore e stiamo accanto a queste donne in punta di piedi, pronte a esserci, se ce lo chiedono, senza forzature».
«La presenza delle suore – conclude Eleonora Lozzi – è importantissima, pur non essendo una presenza specializzata. Danno un senso di casa, di famiglia e meno di servizio: spesso le donne che chiedono aiuto immediato sono straniere, perché le italiane prima cercano di attivare una rete familiare o amicale. Non è facile interrompere la vita quotidiana di punto in bianco, spiegare ai figli perché devono cambiare scuola. È un porto sicuro e ci auguriamo possa essere rifinanziato per dare continuità e aiuto alle donne che hanno bisogno di essere ascoltate e credute».