Terra Santa. Là dove storia e archeologia rassicurano il credente. Una forte occasione di crescita spirituale
Quando sono la storia e l’archeologia a parlare della fede… è tutto un altro impatto. È l’esperienza che ha provato a fare un gruppo di docenti di religione della Diocesi di Padova soggiornando per alcuni giorni in Israele, in modo particolare nei luoghi più cari e significativi alla cristianità.
Il periodo è coinciso con gli ultimi giorni di febbraio in concomitanza allo svilupparsi del Covid-19. Ciò ha contribuito inevitabilmente ad accorciare anzitempo la durata del viaggio. Il vissuto tuttavia ha offerto non pochi spunti di riflessione. Il contatto diretto con i luoghi santi, le letture del Vangelo sul posto hanno tramutano il pellegrinaggio in una occasione di crescita spirituale.
Nazareth, Nablus, Jenin, Cafarnao, il lago di Tiberiade, Betlemme, Magdala, le grotte di Qumran, Gerico, il mar Morto, Cana, Gerusalemme… e altri posti sono i luoghi visitati dai padovani guidati da don Nicola Tonello, assistente spirituale del seminario maggiore, don Lorenzo Celi, direttore dell’Ufficio scuola, e don Andrea Miola. È indubitabile il valore e l’importanza che assume per un credente, muoversi e camminare nello spazio geografico là dove tutto ha avuto inizio.
Si è visto, ad esempio, come la basilica dell’Annunciazione a Nazareth accolga e gestisca ogni giorno migliaia di turisti e devoti. Qui si sta tentando con successo di rilanciare la devozione a san Giuseppe. Ogni martedì sera si tiene una solenne processione in suo nome con la recita del rosario. In quella che ai tempi di Gesù era la Samaria, una chiesa greco-ortodossa oggi custodisce a Sicar il pozzo dove secondo la tradizione Gesù parlò con la donna al pozzo (Gv 4,1-30).
A Gerusalemme il Santo Sepolcro, d’epoca bizantina con miriadi di rifacimenti successivi, attira ogni giorno migliaia di credenti. Cristiani, cattolici, protestanti, ortodossi, siriani, greci, melkiti, malabaresi, armeni, abissini, copti, turisti vari, ben pigiati uno dietro l’altro attendono il loro turno per la visita. E così si è fatto. La gazzarra la sopportava lo stesso Gesù, quando le folle si calpestavano l’un l’altro per poterlo toccare (Lc 12,1) e lo pressavano da ogni parte. Com’è noto le diverse confessioni si contendono il tempo e lo spazio di questo luogo e guai a sforare altrimenti sono guai. Ne sanno qualcosa i Frati minori che da oltre 800 anni sono i custodi ufficiali di molte chiese care a tutta la cristianità. Ferreo e meticoloso (com’è giusto che sia) l’accesso al Muro del pianto, il “Vaticano” ebraico dove pulsa il cuore di una fede quadrimillenaria. La spianata delle Moschee, luogo sacro all’Islam, è accessibile ai turisti solo al mattino e qualche ora nel primo pomeriggio.
Ma della Terra Santa non può essere misconosciuto il contrasto permanente fra palestinesi e israeliani. Se i primi non hanno smesso di sognare l’indipendenza e si sono adattati alla realtà e alla necessità di vivere nel frattempo nel migliore dei modi possibili, i secondi (i cosiddetti «coloni») spesso con motivazioni politico-religiose, non intendono rinunciare alla Cisgiordania dove doveva sorgere lo Stato Palestinese. Abbiamo attraversato i varchi che li tengono divisi percependo quanto sia difficile prevedere un riavvicinamento fra le parti. Nonostante tutto in Terra Santa vale la pena di andarci. Almeno una volta nella vita.