Religione cattolica a scuola. Un’opportunità preziosa
Religione cattolica a scuola Nell’avvicinarsi della chiusura delle iscrizioni all’anno scolastico 24-25, la testimonianza di un insegnante
Una canzone di alcuni anni fa cantava: «Dammi tre parole...»; forse le parole che meglio descrivono la mia esperienza di insegnante di religione cattolica sono: dono, opportunità, evangelizzazione. Da ormai tredici anni, all’interno del mio ministero sacerdotale, ho ricevuto il dono di insegnare, prima per cinque anni nella scuola paritaria del Seminario Minore, dove ero educatore, e poi come parroco nella scuola media di Sant’Urbano. Inizialmente era l’esperienza di alcune ore, da due anni invece è a cattedra completa aggiungendo altri due istituti e arrivando anche alle superiori nel liceo Ferrari di Este e, quest’anno, anche all’Atestino al posto delle scuole medie di Boara dell’anno scorso. Insegnare è un dono perché mi offre la possibilità di stare a contatto quotidianamente con i preadolescenti e i giovani, affiancando come fratello maggiore il loro cammino, ricevendo anche tanti doni in termini di relazioni, provocazioni e richiesta di entrare dentro la loro vita. Proprio per questo l’insegnamento e l’ora di religione cattolica sono un’opportunità per raggiungere i giovani, mettersi in ascolto delle loro domande, dei loro dubbi e della loro ricerca di felicità o di come realizzare i sogni che hanno. L’ora di religione non è catechismo o il momento per fare prediche o per parlare solo di cristianesimo. Personalmente preferisco mettermi prima di tutto in ascolto di loro, delle loro vite, delle loro idee, delle loro emozioni... della loro storia sacra che Dio continua a scrivere con ciascuno. Spesso in questi giorni si parla di abbandono dell’ora di religione, questa non è la mia esperienza, anzi. Oppure si parla di volerla togliere: credo che facendo questo si toglierebbe un’opportunità di crescita e di confronto. Infine, la terza parola è evangelizzazione. Ritengo che l’ora di religione mi offra l’opportunità di incontrare i giovani più che nei nostri ambienti. Uso questa parola evangelizzazione, perché anche se non prego con loro o non faccio catechesi, mi rendo conto che con la mia presenza, con il mio camminare al loro fianco, con la stima reciproca che si crea, riesco a parlare di Vangelo senza parlare di Vangelo. Come nel caso di un alunno di terza liceo scienze applicate, ad esempio, che un giorno mi dice: «Sa, prof, ho iniziato a leggere il Vangelo!». Io non ho mai letto e commentato con loro il Vangelo e nemmeno ho detto loro di leggerlo. Dalle nostre chiacchierate, dai nostri confronti è nata in lui la voglia di leggerlo. Un’altra esperienza significativa l’ho vissuta con un gruppetto di alunni dello sportivo: ho loro proposto, durante l’estate, di fare gli “educatori-allenatori” dei ragazzi della parrocchia all’interno delle settimane di centro sportivo estivo. Venendo da più parti della provincia, si fermavano dalla domenica sera al venerdì sera: questo ha permesso di vivere un’esperienza molto intensa e fraterna. Ho chiesto a uno dei miei studenti di raccontare perché quest’anno ha scelto di aderire all’ora di religione rispetto agli altri anni in cui non aderiva. Ecco la sua risposta: «La mia scelta di fare religione nasce principalmente da i seguenti motivi: la conoscenza più approfondita di aspetti che non sempre si conoscono sulle varie religioni o la possibilità di mettere a confronto più religioni. L’ambiente creatosi nelle lezioni è piacevole e interessante; veniamo tutti messi a nostro agio e c’è molta libertà di parola. Anche se ciò in cui credo non si allinea con il pensiero religioso, mi è piaciuto molto poterne parlare e soprattutto avere dialoghi aperti anche con chi non la pensa come me, a partire dal professore».
don Nicola Andretta
Parroco e insegnante di religione