Petrarca canonico della Cattedrale. Il ricordo a 650 anni dalla morte improvvisa del poeta
Anniversario 650 anni fa, il 19 luglio, il poeta spirava all’improvviso ad Arquà. Ma c’è un’altra data che segna l’avvio dei rapporti con Padova: il 18 aprile 1349
La data fondamentale che lega Francesco Petrarca a Padova, e più precisamente al borgo euganeo di Arquà, è il 18-19 luglio 1374: 650 anni fa il grande poeta spirava nella notte, all’improvviso. Ma c’è un’altra data che segna l’avvio dei rapporti, via via più stretti, tra la città di Padova e l’aretino: il 18 aprile 1349. Quel giorno il Petrarca, nel corso di una solenne cerimonia presieduta dal cardinale Gui de Boulogne, legato papale in Ungheria, prese possesso della carica di canonico della Cattedrale patavina, sotto il titolo di san Giacomo. Erano già vari anni che Jacopo da Carrara, signore di Padova, cercava di persuadere il poeta a stabilirsi nella nostra città e con il conferimento del canonicato, da lui fortemente voluto, sperava di raggiungere tale obiettivo. Tanto più che al titolo era associato un beneficio che prevedeva anche l’utilizzo di una casa canonicale, individuata da mons. Claudio Bellinati in un edificio tuttora esistente, seppur ridimensionato dai lavori del coro settecentesco, in via Dietro Duomo. Va detto, però, che solo negli ultimi anni della sua vita il Petrarca scelse di risiedere permanentemente nel Padovano, in città e quindi ad Arquà, quando un altro signore carrarese, il figlio di Jacopo Francesco il Vecchio, gli donò un terreno e una casa ad Arquà, immersa nella pace collinare, che egli riadattò in base alle sue necessità.
Ma torniamo al canonicato petrarchesco: per essere canonici bisognava aver ricevuto gli ordini minori; presumibilmente il Petrarca li ricevette nel 1330 quando, dopo la morte del padre, era passato al servizio del cardinale Giovanni Colonna. In questa circostanza, nel corso di un rito liturgico, era stato introdotto nello stato clericale, gli era stata imposta la tonsura, o chierica, che poteva aveva varie forme; come chierico era inoltre tenuto a indossare l’abito clericale, che ha assunto anch’esso fogge molto diverse, a recitare la preghiera liturgica, il Breviario, e al celibato. Quello padovano non era comunque l’unico canonicato, con rispettivo beneficio, conferito al famoso intellettuale, che nel 1346 aveva ottenuto la nomina a canonico della Cattedrale di Parma (due anni dopo ne divenne anche arcidiacono), città prediletta prima che si arrivasse alla rottura dei rapporti con il vescovo Ugolino dei Rossi. Gliene venne assegnato un altro anche a Monselice: la nomina a canonico veniva disposta da un vescovo oppure dal responsabile del capitolo, l’organismo ecclesiastico collegiale di una cattedrale o di una chiesa importante, detta appunto collegiata. I canonici avevano funzione liturgica e amministrativa: dovevano pregare le ore nel coro della cattedrale e amministravano il patrimonio immobiliare e culturale della chiesa. Nella realtà, un canonico onorario come il Petrarca non aveva questi compiti e non era nemmeno tenuto alla residenza, tant’è vero che la sua permanenza a Padova subì lunghe pause. Il legame con la città rimase comunque costante, attraverso il vescovo Ildebrandino Conti, da lui conosciuto ad Avignone e divenutogli subito amico, e attraverso i signori della città. Particolarmente calorosa fu l’amicizia con Jacopo da Carrara, per cui il poeta fu duramente colpito alla notizia del suo assassinio, alla vigilia di Natale del 1350, ma il legame rimase tenace anche con il figlio Francesco. Del legame tra Padova e Petrarca restano alcune significative testimonianza: le due dimore, quella cittadina e quella collinare; il ritratto del poeta in un lacerto d’affresco staccato dalla sua casa canonicale e ora nel Salone dei vescovi; l’autografo della lettera che il poeta scrisse da Arquà al suo medico personale Giovanni Dondi dell’Orologio, conservato nella biblioteca del Seminario; il codice del De Civitate Dei di Agostino postillato da Ildebrando Conti, conservato in biblioteca universitaria, che porta un distico di esametri inserito dal poeta e che rappresenta un omaggio all’amico vescovo umanista, partecipe della passione per i classici, e gli suggerisce il modello agostiniano.
La chiesa parrocchiale. Rinnovato l’interno per accogliere i visitatori
Arquà celebra il 650° della morte del Petrarca con varie iniziative, tra cui spicca il rinnovamento interno della parrocchiale con un nuovo intonaco, il rinnovo della protezione delle travi, rinforzate da barre d’acciaio, la ripulitura dei piccoli cassettoni lignei del sottotetto, il completamento dell’impianto d’illuminazione. «Ne è uscito un ambiente più pulito e luminoso – commenta il parroco, don Romeo Bettio – L’intervento sarà completato dalla ridipintura esterna del campanile e della sacrestia». Ad accogliere i visitatori ci sarà inoltre uno spazio illustrativo sulla vita del Petrarca e il suo rapporto con il paese euganeo, che si abbina al volume fresco di stampa, Invito ad Arquà. L’abate Giuseppe Barbieri e Petrarca, edito da Proget su iniziativa del Parco letterario. Il libro, dopo la premessa di Gino Belloni dell’Ente nazionale Francesco Petrarca, si articola in quattro sezioni parallele: l’epistola in versi Invito ad Arquà composta dal Barbieri; il commento alla stessa vergato da Francesca Favaro, studiosa dell’abate bassanese, e contrappuntato da foto e illustrazioni di Gianluca Canello, Giovanni Cocco e Angelo Marcolin; quattro passeggiate letterarie predisposte dalla guida turistica Claudia Baldin e dal teologo don Giulio Osto. I percorsi ricordano le targhe letterarie che le costellano, menzionando le citazioni che illustri autori riservarono nei secoli al paese e al poeta. L’iniziativa editoriale unisce due ricorrenze, i 650 anni dalla morte del Petrarca e i 250 della nascita del Barbieri, che fece di Torreglia la sua patria adottiva e dedica molto spazio alle bellezze del paesaggio euganeo. L’epistola, pubblicata la prima volta nel 1824, si rivolge al giornalista, traduttore e poeta Antonio Piazza, ma il “tu” confidente si estende a tutti coloro che si lasciano coinvolgere in un itinerario di scoperta del poeta, in sintonia con i suoi ambienti fisici e interiori. Il commento di Francesca Favaro, che oltre a innumerevoli saggi sul Barbieri ne ha curato la riedizione del poemetto I colli Euganei, accompagna puntualmente il lettore nei 135 endecasillabi ricchi di presenze mitiche e citazioni letterarie. Gli acquarelli di Angelo Marcolin donano agli scorci un tocco di arcaicheggiante evocatività, contrappunto ai “tour” proposti ai visitatori, con riguardo particolare ai più giovani. Il primo itinerario segue in 13 tappe i versi da Padova ad Arquà; il secondo conduce dal borgo inferiore alla tomba del poeta comprendendo la parrocchiale dell’Assunta; il terzo guida fino al monte Castello passando per l’oratorio della Trinità; il quarto porta all’interno della casa del Petrarca. Don Giulio Osto si fa portavoce della proposta del Petrarca al pubblico più giovane: «Tra i suoi tanti valori, culturali e letterari, egli appare vicino a noi per la sua cura dell’interiorità: è un uomo che fa i conti con se stesso, con un’ampia gamma di affetti su cui lavora per tutta la vita. È uno psicanalista ante litteram che sa trovare le parole giuste per ogni stato d’animo, per ogni emozione».
Torreglia e Arquà: il Tommaseo sui Colli Euganei
La collana “Experience book” ideata da Giulio Osto si accosta all’anniversario petrarchesco con un volume di fresca uscita, Tommaseo sui Colli Euganei. Passeggiate letterarie a Torreglia e Arquà Petrarca, scritto da Claudia Baldin, Giulio Osto e Patrizia Paradisi. L’occasione è data da un altro anniversario, il 150° della morte del Tommaseo; l’accostamento tematico è offerto da due poesie su Torreglia e una prosa su Arquà del Tommaseo, delle quali viene riscoperto il complesso itinerario creativo. Un esempio di «virtuoso intreccio tra le parole degli scrittori, i luoghi dei Colli Euganei e tutte le esperienze che tali incontri possono far nascere» che il Parco letterario sta promuovendo da più di dieci anni.