Partecipazione e lavoro. L'intervento del vescovo di Padova, mons. Claudio Cipolla, alla festa del Primo maggio in piazza dei Signori a Padova
Ringrazio gli organizzatori CGIL CISL e UIL per l’invito; saluto i segretari generali e le istituzioni presenti; ringrazio tutti voi che, con il vostro convenire in piazza, onorate, in questo giorno di festa, il lavoro e quanti con il loro lavoro, a diverso titolo, concorrono alla crescita economica e spirituale del nostro Paese, come recita l’art. 4 della Costituzione;
Grazie perché ricordate a tutti il valore della gratitudine verso chi ha lottato per il riconoscimento dei diritti dei lavoratori e affermate l’importanza di perseverare nel far crescere, nella coscienza comune e nelle leggi, il rispetto della dignità dei lavoratori e delle lavoratrici.
Il titolo che avete scelto per celebrare questo primo maggio “COSTRUIAMO INSIEME un’EUROPA di PACE, LAVORO e GIUSTIZIA SOCIALE”, oltre ad introdurci nell’attualità dell’imminente appuntamento elettorale, risulta in sintonia con il percorso intrapreso dalla Chiesa italiana per la cinquantesima Settimana sociale, che pone al centro la partecipazione come essenza della democrazia.
Il lavoro, inteso come diritto-dovere è una delle forme più alte di partecipazione alla vita di un Paese e dell’intera società umana. Anche il messaggio dei vescovi italiani per questa festa dal titolo IL LAVORO PER LA PARTECIPAZIONE E LA DEMOCRAZIA ribadisce che senza lavoro dignitoso e per tutti non vi è democrazia, perché è il lavoro lo strumento concreto effettivo ed efficacie della partecipazione.
Uno degli indicatori del grado di civiltà di un Paese è dato dal livello e dalla qualità occupazionale. E l’azione dei sindacati contribuisce a tale crescita quando trova soluzioni a uno sviluppo senza scarti. Il lavoro infatti deve essere per tutti, nessuno escluso e deve essere dignitoso: ciascuno secondo le sue capacità e senza discriminazioni, percependo un’equa retribuzione, esercitando il diritto dovere di un lavoro ben fatto e potendo contribuire al benessere della società.
Nel mio compito di rappresentare la Chiesa e di portare la sensibilità del Vangelo in questo contesto così importante, mi permetto di sottolineare come alcune affermazioni del Magistero sociale sono diventate patrimonio comune delle Istituzioni politiche e sociali nell’affermare il valore del lavoro e l’impegno per promuoverlo e difenderlo. Penso alle encicliche Laborem exercens e Sollicitudo Rei socialis di Giovanni Paolo II, alla Caritas in veritate di Benedetto XVI e ai più recenti documenti di Francesco.
Le direttive europee ci spronano a colmare il gap generazionale e di genere: un’ingiustizia che ancora pesa sull’ingresso nel lavoro, sulla retribuzione, sui ruoli dirigenziali, sulla maternità, sulla gestione della casa e l’accudimento di figli e genitori. Non è solo una questione normativa, è prima ancora una questione culturale, che va portata avanti con determinazione e insieme.
Un’altra importante indicazione riguarda l’equità retributiva prevedendo un salario minimo, che di fatto una grande percentuale di lavoratori in Italia non percepisce. Nessuna categoria ne è esente e grava in particolare su migranti, giovani e donne.
Le notizie purtroppo quotidiane di infortuni e incidenti sul lavoro, spesso drammatici e fatali, come abbiamo visto direttamente nelle scorse settimane, mostrano che le leggi purtroppo non bastano se non cresce la consapevolezza comune che la vita e la salute di chi lavora sono sacre e in ogni lavoro vanno garantiti la sicurezza e il benessere sopra ogni altro interesse.
Riguardo ai fratelli e sorelle migranti, vi chiedo di potenziare i vostri sforzi perché non vengano sfruttati, ma siano riconosciuti nella loro dignità di persone e lavoratori. Molti sforzi sono stati compiuti per favorire l’accoglienza e l’integrazione di molti fratelli e sorelle e famiglie, ma c’è ancora tanta strada da percorrere per risolvere una situazione non più straordinaria ma strutturale. Va promossa con determinazione ferma una politica migratoria europea ed è dovere di tutti denunciare gli accordi che gli Stati europei siglano con i paesi di frontiera per bloccare e respingere i fratelli e le sorelle che fuggono dalle guerre, dalle catastrofi ambientali e dalle crisi provocate dall’ingiusto sistema economico mondiale, facendo nostro quanto Papa Francesco chiede nella Fratelli tutti e nei suoi continui interventi, ed accogliendo il bisogno di molti settori del nostro mondo economico.
Dall’Europa, con le politiche del Green Deal, abbiamo ricevuto sollecitazioni importanti anche riguardo alla transizione ecologica. L’ambiente ci sta presentando il conto di un progresso economico incurante dell’inquinamento dell’aria, dell’acqua, della terra e insieme si devono trovare modalità di sviluppo integralmente sostenibili. In tal senso le risorse del Next Generation UE sono una preziosa opportunità, che va impiegata dall’agricoltura alla mobilità, dall’efficientamento energetico all’economia circolare per migliorare la qualità della vita a partire dagli ultimi e creare lavoro. In questo ambito, l’insegnamento dell’enciclica Laudato si' merita di essere costantemente tenuto presente e rilanciato.
Oggi il digitale sta trasformando il mondo del lavoro e in realtà tutto il nostro vivere, e l’intelligenza artificiale permea ogni nostro spazio d’azione e di pensiero. Queste grandi innovazioni, per porsi a servizio del benessere di tutti, necessitano di un’alleanza sovranazionale di tutti gli attori economici, politici e sociali europei.
Infine non possiamo non interrogarci sulle ripercussioni economiche ma anche etiche che l’attuale situazione internazionale produce sul mondo del lavoro. Il conflitto russo-ucraino e la guerra nella striscia di Gaza che sta accendendo ulteriori focolai in Medio Oriente, stanno accrescendo negli stati europei gli investimenti per gli armamenti e la convinzione della necessità di un potenziamento dell’industria bellica. Non posso pensare che questa sia considerata una strada percorribile per far ripartire lo sviluppo dell’economia in Europa e negli Stati Uniti, magari giustificandola come sforzo per costruire la pace. La pace non si costruisce con le armi ma cercando di superare le motivazioni profonde che portano al conflitto e allo scontro.
E concludo con un invito e un impegno per ciascuno di noi, riprendendo un breve passaggio del messaggio dei Vescovi italiani per questa giornata: «Ciascuno deve essere segno di speranza, soprattutto nei territori che rischiano di essere abbandonati e lasciati senza prospettive di lavoro in futuro, oltre che mettersi in ascolto di quei fratelli e sorelle che chiedono inclusione nella vita democratica del nostro Paese». Parole che possono essere applicate per alcuni Paesi del mondo e per alcune regioni della nostra Italia, ma anche del nostro territorio del ricco Nord-est.
+ Claudio Cipolla, vescovo
Fonte: Ufficio Stampa Diocesi di Padova