Le Cucine popolari guardano al futuro della nuova sede: nel 2026 saranno accanto al Tempio della Pace

Sarà una struttura dalle dimensioni contenute ma più adatta, ariosa, sostenibile, innovativa rispetto all’attuale.

Le Cucine popolari guardano al futuro della nuova sede: nel 2026 saranno accanto al Tempio della Pace

Per ora siamo alle fasi preliminari, ma le Cucine economiche popolari guardano già al futuro, che non è poi così lontano: entro primavera 2026 si trasferiranno nella nuova sede collocata negli spazi dell’attuale patronato e canonica del Tempio della Pace, in via Nicolò Tommaseo. Lo hanno espresso oggi in conferenza stampa don Luca Facco, presidente della fondazione Nervo Pasini che gestisce le Cep (insieme alle suore elisabettine), e suor Albina Zandonà, direttrice delle Cep. Il progetto, che è ancora tutto in divenire, prevede di mantenere spazi molto simili agli attuali da integrare sempre più alla città, come già si impegna a fare chi opera nella struttura. Nella nuova area, oltre la messa in sicurezza e ristrutturazione degli immobili già presenti, verrà realizzato un corpo centrale che unirà la canonica al patronato. «Nel complesso sarà una struttura più ariosa e più adatta – commenta don Luca Facco – in questo momento stiamo raccogliendo alcune informazioni, siamo in una fase preliminare, di ascolto degli ospiti: loro possono vedere le cose meglio di noi. Desideriamo realizzare il vestito più adatto possibile alle persone, al contesto, alla città». Gli ospiti delle Cucine, che nel 2022 sono stati 3.000 provenienti da 86 paesi differenti (Italia compresa) sono il centro del lavoro e del pensiero quotidiano anche di suor Albina Zandonà. «Crediamo prima di tutto nell’importanza dell’incontro – afferma – chi si rivolge alle Cep trova questo, trova compagnia: è come una grande piazza e chi viene a conoscerci personalmente, spesso cambia idea rispetto all’immagine che si era fatta di questa realtà». Il trasferimento delle Cucine economiche popolari nella nuova sede verrà realizzato di concerto con il Comune di Padova e con la Soprintendenza dei beni culturali, grazie a fondi provenienti dal Piano nazionale di ripartenza e resilienza (Pnrr).

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