La vocazione di una Chiesa che si esprime al plurale
I coordinatori vicariali e i referenti parrocchiali fanno – come nella Chiesa raccontata dagli Atti – da mediatori tra gli apostoli e i credenti
Se facessimo una classifica dei brani biblici più utilizzati per il Sinodo della Chiesa universale, sicuramente vincerebbe il capitolo 15 degli Atti degli apostoli, quello che racconta l’assemblea di Gerusalemme. Non voglio ora rileggerlo tutto, anche se sarebbe bello. Mi fermo su un dettaglio: quando da Antiochia alcuni vanno a Gerusalemme chiedendo un aiuto, sono ricevuti «dalla Chiesa, dagli apostoli e dagli anziani» (At 15,4). Anche quando, a fine capitolo, si dice che viene presa una decisione, l’autore degli Atti scrive che «agli apostoli e agli anziani, con tutta la Chiesa, parve bene...» (At 15,22). Mi piace come viene rappresentata la “parrocchia” di Gerusalemme: la Chiesa, cioè tutta la comunità (ekklesìa in greco vuol dire comunità); gli apostoli, ossia i Dodici (meno Giuda, più Mattia); gli anziani. A questo punto conviene leggere un altro passo dagli Atti, che ci aiuta a capire chi fossero questi “anziani”: «Paolo e Barnaba ritornarono a Listra, Icònio e Antiòchia, confermando i discepoli ed esortandoli a restare saldi nella fede (…). Designarono quindi per loro in ogni Chiesa alcuni anziani e, dopo avere pregato e digiunato, li affidarono al Signore, nel quale avevano creduto» (At 14,21-23). Gli “anziani” sono persone della comunità incaricate di fare da punto di riferimento, su mandato degli apostoli. Molte cose sono cambiate in duemila anni.. Però mi piace notare che c’è ancora la scelta di avere alcuni della comunità che fanno da mediatori tra gli apostoli e tutti i credenti. Nel nostro ufficio abbiamo i coordinatori vicariali e i referenti parrocchiali: possono essere risposta solo al bisogno di ottimizzare gli sforzi, oppure alla vocazione di una Chiesa che si esprime al plurale, valorizzando le persone che fanno parte della comunità. A noi la scelta!