L'omelia del vescovo Claudio alla messa del Crisma: "Attorno alla parola e al pane, anche oggi è il Signore Gesù che ci riunisce insieme"

Stamane, giovedì 28 marzo 2024, Giovedì Santo, in basilica Cattedrale il vescovo di Padova, mons. Claudio Cipolla ha presieduto la Messa Crismale o Messa del Crisma, solenne celebrazione in cui vengono benedetti gli oli (olio degli infermi, olio dei catecumeni) e consacrato il santo crisma; oli che verranno utilizzati durante l’anno per la celebrazione dei sacramenti del Battesimo, della Cresima, dell’Ordine sacro e dell’Unzione degli Infermi.

L'omelia del vescovo Claudio alla messa del Crisma: "Attorno alla parola e al pane, anche oggi è il Signore Gesù che ci riunisce insieme"

La messa crismale è anche il momento in cui l’intero presbiterio si riunisce attorno al vescovo per rinnovare le promesse pronunciate nel giorno dell’ordinazione presbiterale, manifestando inoltre, visibilmente, la comunione di tutti al servizio della Chiesa.

La colletta del Giovedì Santo è stata destinata quest’anno a una parrocchia che vive una particolare difficoltà economica, primo segno del progetto a sostegno delle parrocchie in difficoltà – “Vi sia uguaglianza” – annunciato tra i segni diocesani nella Lettera post sinodale Ripartiamo da Cana” (vedi comunicato allegato 44/2024).

Di seguito l’omelia del vescovo Claudio alla Messa Crismale.

«Li radunerò da ogni parte e li ricondurrò nella loro terra» proclamava il profeta Ezechiele e Giovanni al capitolo 11 diceva che Caifa «profetizzò che Gesù doveva morire per tutti ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi».

Il Sinodo diocesano è stata un’esperienza spirituale nella quale ci siamo messi insieme per proseguire il nostro cammino comunitario domandando al Signore verso quali orizzonti desidera incamminarci. In me era chiaro un obiettivo: individuare una meta comune, una meta che potessimo intravvedere e verso la quale camminare tutti insieme.

Ancora oggi è confermata questa missione affidata a Gesù dal Padre, quella di riunirci attorno a sé, alla sua Croce, alla sua Parola, alla sua missione e di fare di noi “una cosa sola”. Con la sua Grazia, egli fa di noi un solo corpo, il suo: lui è il capo e noi le sue membra. Tra il capo e il corpo scorre lo stesso sangue, il suo Spirito Santo. La comunione realizzata da Gesù per mandato del Padre ci precede, è più vera e profonda di quanto possiamo sperare; è più universale, ampia e diffusa, di quanto possiamo desiderare. 

Guardando la cattedra in marmo, così stabile e salda, per contrasto, penso alla debolezza di coloro che come me vi si siedono. Passano: oggi c’è uno domani un altro! Ma la cattedra è stabile. Gli uomini sono deboli e precari mentre la cattedra resta il segno del solo maestro, del solo fratello che ha il ministero dell’autorità: è il Signore Gesù. La sua Parola è stabile come i cieli. La nostra fragilità evidenzia che nessuno può sostituire la sua presenza e la sua opera.

 

Se poi guardiamo all’ambone o all’altare che tutti noi, vescovo, presbiteri e diaconi frequentiamo per il nostro ministero, più facilmente ci accorgiamo della debolezza di chi presiede perché ognuno conosce se stesso e quindi con riconoscenza siamo spinti ad appoggiarci sempre di più sulla roccia stabile del Signore Gesù: su lui siamo edificati!

Attorno alla parola e al pane, anche oggi, come sempre, è il Signore Gesù che ci riunisce insieme, convocandoci dalle nostre mille attività e dispersioni.

Impegni pastorali e apostolici, condivisione fraterna delle fatiche della vita con chi incrociamo lungo la strada, progetti che spesso ci affannano addirittura oltre le nostre forze. Le esequie di molti presbiteri, anche anziani, hanno dato testimonianza di relazioni generate dal nostro ministero, hanno raccontato di tanto amore e dedizione profusi, di tanta passione nell’annuncio del Regno. Possiamo chiederci: la nostra attività è dispersione o generosità? Come don Lorenzo Milani direi che non sappiamo distinguere ma abbiamo «la speranza che Dio non stia attento a queste sottigliezze e abbia scritto tutto al suo conto».

Siamo solo strumenti, argilla in mano al vasaio, portatori di un tesoro ben superiore a noi. Anzi, siamo consapevoli che noi stessi siamo serviti da Gesù, l’unico vero diacono, sacerdote, pastore, maestro. Egli ha dato la vita per noi, perché noi ci amassimo gli uni gli altri. Ci serve a tavola, quando siamo riuniti e veniamo serviti insieme alla stessa mensa, tutti insieme come Chiesa, come unica famiglia, come suo popolo.

Oggi a confermare questo desiderio di restare uniti attorno al Signore Gesù, anzi a confermare non solo una sensibilità individuale ma una scelta ecclesiale sarà quel “Sì, lo voglio” che pronunceremo individualmente, ma tutti insieme, contemporaneamente, ad una sola voce, così come faremo con le parole di consacrazione sul pane e sul vino: una sola voce per formare un solo cuore modellato dal Signore alla comunione.

«Lo spirito del Signore Dio è su di me, perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione per portare il lieto annuncio ai miseri»: tutti siamo raggiunti dallo Spirito del Signore personalmente e collettivamente.

Porteremo nelle nostre comunità gli oli, quello per gli infermi perché sentano la consolazione e la speranza di Gesù, quello dei catecumeni – alcuni dei quali qui presenti – perché si sentano sostenuti da Lui nel cammino del discepolato, l’olio del Santo Crisma per consacrare presbiteri (Damiano e Luca) e vescovi (don Lucio Nicoletto) e per consacrare sacerdoti, re e profeti i cristiani delle nostre comunità; ad essi porteremo insieme con gli oli la nostra promessa, oggi rinnovata, e inviteremo i nostri cristiani a confermare a loro volta la loro vocazione a servire l’umanità, la pace, la giustizia, il rispetto e la custodia del creato, la fratellanza, la gioia. In momenti drammatici come quello che stiamo vivendo la vigna del Signore ha bisogno di tanti operai.

Poiché per tutti il riferimento è Gesù, ci troviamo uniti in un solo ministero, il suo. Coinvolgendo la nostra vita intera, il nostro servizio esprime la nostra comunione con Gesù e tra noi. Usciremo per strade diverse, torneremo in comunità e servizi diversi ma restando spiritualmente uniti gli uni agli altri, anche se lontani nello spazio.

I nostri cristiani devono percepire la nostra comunione, ne hanno il diritto. Sono contenti quando ci sentono parlare bene gli uni degli altri, quando ci sono esperienze di fraternità presbiterale che dicono quanto i presbiteri si vogliono bene e collaborano tra loro.

Nella misura in cui poniamo segni concreti di unità diamo risonanza al Vangelo di cui siamo annunciatori per rendere i fratelli e le sorelle degni della loro vocazione. Sentirsi “con gli altri” presbiteri non è per rafforzarci come gruppo ma per servire con più coraggio ed entusiasmo: migliore o peggiore del mio confratello, non importa! Tra noi non si possono dare giudizi mondani. Se qualcuno sbaglia abbiamo a nostra disposizione la parola di Gesù che ci sprona a perdonare 70 volte sette, che ci cerca, che ci riabilita.

Il cuore, le intenzioni, i progetti vanno continuamente ricondotti all’unico Signore e maestro e all’unico suo corpo, la Chiesa una santa cattolica ed apostolica, oggi così significativamente rappresentata in questa solenne assemblea. La comunione infatti è condizione della missione che ci è stata affidata e che non ci appartiene come proprietà privata.

Abituati come siamo a vedere il bicchiere mezzo vuoto, troppo spesso trascuriamo di riconoscere il bello, il buono e il giusto di cui per grazia siamo capaci: la nostra storia ecclesiale lo dimostra ripetutamente ma anche la nostra storia personale ci dice che “finora il Signore ci ha soccorso”. Ce lo conferma la vostra testimonianza di vita impastata di fede, cari fratelli e sorelle nel battesimo, presenti in questa solenne celebrazione, voi che ci rimandate con il cuore a tutti i cristiani della nostra terra patavina.

Talvolta, è vero, ci prende una certa tiepidezza: è il benessere che porta insoddisfazione e amarezza, sentimenti generati in noi dallo stile consumistico con cui trattiamo quanto abbiamo ricevuto in affido come dono, gratuito. San Bernardo diceva che la chiesa nel mondo ha una condizione amara quando è oppressa dai tiranni, è ancora più amara quando è divisa dagli eretici ma è amarissima quando se ne sta tranquilla («Amaritudo Ecclesiae sub tyrannis est amara; sub haereticis est amarior; sed in pace est amarissima»).

Le tentazioni alla separazione e all’isolamento sono tipiche del nostro tempo ma noi siamo chiamati a raddoppiare la guardia e intensificare il nostro impegno per agire nell’unità con tutta la nostra Chiesa.

Per richiamare questa strada che anche il Sinodo ha aperto, vorrei invitarvi a un altro segno, un’opera-segno avrebbe detto monsignor Giovanni Nervo. Un segno educativo e un’opera di fraternità, una risposta ecclesiale verso il bisogno di una singola comunità.

Vi propongo di unirvi a me nel soccorrere una delle nostre comunità parrocchiali che da sola non riesce a uscire dall’indebitamento che si trascina da tempo.

Quest’anno vi chiedo di unirci tutti insieme – a partire dalla colletta di questa messa – per aiutare la parrocchia di Calcroci presieduta da qualche anno da don Andrea Zanchetta. È il primo passo del progetto a sostegno delle parrocchie in difficoltà, annunciato nella Lettera post sinodale, che abbiamo chiamato “Vi sia uguaglianza” e che vi è stato recapitato in questi giorni, nella sua formulazione completa. Lì trovate anche indicazioni più dettagliate sulla storia della parrocchia aiutata quest’anno e sulle sue necessità, verso cui vi chiedo di porvi con fraternità e misericordia e di avere fiducia in me che mi assumo come padre, la responsabilità di questa scelta.

Mi piacerebbe ogni anno tentare di risollevare una delle parrocchie maggiormente in difficoltà. È un segno gratuito che si aggiunge dopo tutti agli altri percorsi di solidarietà che sono stati attivati.   

Il nostro “stimarci a vicenda”, la comunione che precede e genera la nostra unità, gli orizzonti aperti dal nostro Sinodo ci donino entusiasmo apostolico e ci predispongano ad accogliere e ad alitare lo Spirito del Signore Gesù Risorto: la carità del nostro cuore e del cuore delle nostre comunità ne siano testimoni e per questo viviamo nella pace!

 

+ Claudio, vescovo

Fonte: Ufficio Stampa Diocesi di Padova

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