Di fronte al Cuore Sacratissimo di Gesù
Pio XII scrive nell’enciclica Haurietis aquas: «Il Cuore di Gesù è il simbolo del suo amore sensibile e supera in perfezione e quindi in capacità percettiva ogni altro organismo umano»
Quando Pio XII scrive l’enciclica Haurietis aquas, affronta luoghi impervi della teologia, che stanno dentro il mistero dell’uomo. «Il Cuore di Gesù – spiega – è il simbolo del suo amore sensibile, giacché il corpo del Salvatore divino, plasmato nel seno castissimo della Vergine Maria per influsso prodigioso dello Spirito Santo, supera in perfezione e quindi in capacità percettiva ogni altro organismo umano». Alla teologia il papa chiede di crescere proprio nella «capacità percettiva». Di guardare l’intensità dell’umanità del Verbo incarnato, l’ardore del suo zelo, l’impeto delle sue lacrime, il suo non poter rinunciare a imboccare con amore le strade del mondo, bussare alle porte, incontrare le città, toccare i corpi infelici, insegnare con mille pazienti immagini la sapienza. Pastore saggio che aveva familiarità con il proprio gregge, Pio XII si era accorto della naturalezza con cui i fedeli piegavano le ginocchia davanti al Cuore di Cristo. Anche lui in ginocchio, aggiungeva solo un appello a cogliere la “logica” di quel muscolo, il più vitale dell’universo. Il Cuore Sacratissimo di Gesù mostra come l’assoluto della verità sia un aprirsi e chiudersi di membrane delicatissime, che un’occasionale amicizia o un dolore intensificano, una rabbia o una paura accelerano, il sollievo distende. E anche «la divina Eucaristia, sia come Sacramento che come Sacrificio, di cui Egli stesso è dispensatore e immolatore mediante i suoi Ministri “da dove sorge il sole fin dove tramonta”, come pure il Sacerdozio, sono doni palesi del Cuore Sacratissimo di Gesù».
Anna Valerio