Che cos’è una biblioteca? Viaggio nei significati del termine dall’ellenismo alla media library
Il luogo del silenzio dove non si è mai soli. Il mondo virtuale non deve e non può sostituire la biblioteca tradizionale, cardine di coesione sociale e connettore di esperienze
Rispondere alla domanda «che cos’è una biblioteca?» non è affatto semplice. L’unica via per provare a scoprirlo è quella che conduce alle radici della parola che offrono, come Arianna a Teseo, il gomitolo del senso e ci permettono di seguire con intelligenza le sfumature e gli slittamenti di significato che un termine ha subito lungo i secoli. La parola in questione, che deriva dal greco come tutte le cose belle, è composta dai nomi βιβλίον (biblion) e θήκη (teke): il primo nome indica precisamente il materiale utilizzato per scrivere, come il foglio di papiro; il secondo si può tradurre con “scrigno”. Se è vero che le parole sono il nostro modo di pensare il mondo, allora la biblioteca in origine doveva essere vista come qualcosa di prezioso, uno scrigno per conservare i rotoli antichi, come un luogo di studio e di memoria delle parole scritte, ma anche crogiolo di intellettuali, di personaggi dotati di competenze a tutto campo che si confrontavano per ricostruire e interpretare i testi. Se chiudo gli occhi, riesco a immaginare le voci dei γραμματικοί (grammatici) alessandrini, il profumo dei papiri che arrivavano da ogni parte del mondo greco, mi par di sentire alcuni studiosi discutere con passione di geografia, altri di letteratura e grammatica. Luogo di confusione creativa e fusione di conoscenze.
Di certo i filologi di età ellenistica non potevano immaginare che la biblioteca nel corso dei secoli si sarebbe trasformata da luogo di socialità e studio condiviso a tacito spazio virtuale. La biblioteca online è una macchina da prestiti senza orari, uno spazio senza incontro, è certamente una comodità personale ben rispondente all’individuo contemporaneo che vive a ritmo di lancetta e che non ha tempo di staccarsi dalla quotidianità per arrampicarsi su una scaletta impolverata alla ricerca della copertina giusta. La media library è un meraviglioso palazzo della memoria che permette di andare in vacanza, come vantava una pubblicità, con «un bikini, una gonna e mille libri», ma non può e non deve sostituire la biblioteca tradizionale, reale cardine di coesione sociale, capace di farsi connettore di esperienze. Secondo David Bell, la rivoluzione digitale ha spinto milioni di persone verso la lettura e gli studi di alto profilo, ma ha contemporaneamente accresciuto il bisogno di spazi per l’interazione fisica.
L’uomo ha sete di relazione: d’altronde la felicità consiste nell’energia dell’agire, nel desiderio di fare e di essere cittadini fertili. Si può vivere, direbbe Aristotele, o vivere bene esercitando il λόγος (la ragione). Sto pensando a cose semplici: a mia figlia che stringe con orgoglio la sua tessera della biblioteca, a tutti i pomeriggi in cui ho scelto di fermarmi a leggere con lei, alla cura con cui sfoglia i libri presi a prestito, ai genitori volontari che prestano la voce per leggere ai bambini il sabato mattina, a tutte le volte che il bibliotecario mi ha consigliato una lettura cercando di conoscere i miei interessi. La biblioteca, affermava l’architetto Pierre Riboulet, è «un luogo chiuso aperto sul mondo» i suoi spazi sono «luoghi di silenzio dove però non si è mai soli».
Greta Mazzaro
docente di lettere alla scuola secondaria di secondo grado
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