Vangelo del 14 novembre: oltre le crisi e le ferite
Nel mondo, tanta gente sperimenta su se stessa le ferite di una vita, che non ha più tempo, nel suo svolgersi monotono, e che risulta sempre più caratterizzata dalle depressioni di chi non ha speranze future. Molti hanno subìto le ferite della delusione, per aver riposto fiducia in chi, poi, è caduto miseramente, rivelando la sua vera natura; ma è proprio attraverso queste crisi che veniamo invitati ad andare oltre, facendo divenire queste ferite, come ci ricorda don Tonino Bello, le feritoie della luce pasquale

Siamo ormai prossimi alla chiusura dell’anno liturgico e, per questo, siamo proiettati a riflettere sul tema escatologico, ossia, lo sbocco naturale verso cui si indirizza il cammino terreno. Il testo che ci viene proposto in questa domenica, infatti, parla delle “cose ultime” e il suo linguaggio si manifesta complicato e per certi versi misterioso, nel senso che punta a parlarci di realtà nascoste che siamo chiamati a conoscere. L’esistenza di ciascuno di noi non si dissolve nella storia, nel contesto sociale in cui si ritrova a vivere, poiché tutto scompare: ciò che abbiamo eletto e adorato come nostra divinità (sole e luna), come pure la nostra speranza, riposta in ogni forma di potere (stelle). Scompare il tempo, scompaiono i punti di riferimento, quelle luci che sembravano l’assoluto e che, invece, sono destinate a terminare, come tutto ciò che è terreno, a eccezione di me come persona, come figlio del Dio assoluto, che è Signore del cielo e della terra. Marco ci conduce nella centralità del buon annuncio, ricordandoci non solo che siamo fatti di cielo, ma che ciò che può sembrare la fine, in realtà è la manifestazione di un nuovo inizio. Quando il nostro sguardo medita queste crisi vede giungere il Figlio dell’uomo: il senso della storia.
È bene dunque che le nostre intelligenze vengano terremotate, è bene che le nostre sicurezze decadano di colpo, nelle tante crisi che la vita ci pone dinanzi, poiché in questo modo, tutto ciò che è stato vissuto come il venerdì della passione si aprirà alla lettura del terzo giorno pasquale.
Non andiamo verso il nulla o la dissoluzione, ma ripercorrendo al contrario lo scandirsi biblico dei giorni della creazione, veniamo riportati presso la nostra essenza, che è Dio, accompagnati dall’amore del Figlio. Nel mondo, tanta gente sperimenta su se stessa le ferite di una vita, che non ha più tempo, nel suo svolgersi monotono, e che risulta sempre più caratterizzata dalle depressioni di chi non ha speranze future. Molti hanno subìto le ferite della delusione, per aver riposto fiducia in chi, poi, è caduto miseramente, rivelando la sua vera natura; ma è proprio attraverso queste crisi che veniamo invitati ad andare oltre, facendo divenire queste ferite, come ci ricorda don Tonino Bello, le feritoie della luce pasquale, da cui traspare, a testimonianza per il mondo, l’essenza delle cose, quell’andare incontro a Colui che viene.
Luca De Santis