Parole e segni. Dio non si stanca di perdonare, ricorda il vescovo di Roma

Gesù è crocifisso, e nella sofferenza dei chiodi che gli trafiggono polsi e piedi “chiede perdono per chi lo sta trapassando”.

Parole e segni. Dio non si stanca di perdonare, ricorda il vescovo di Roma

Una piazza San Pietro nuovamente affollata, messa nella Domenica delle Palme, la prima dopo la pandemia. E un Papa che ancora una volta ripete il suo appello per la fine del conflitto in Ucraina, perché, dice all’Angelus, “nulla è impossibile a Dio”, nemmeno “far cessare una guerra di cui non si vede la fine”. Allora “si depongano le armi”, chiede il Papa in questo tempo che ci porta alla Pasqua, la vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte “non su qualcuno e contro qualcuno”. Cristo è morto sulla croce “perché regnino la vita, l’amore, la pace. Si depongano le armi. Si inizi una tregua pasquale; ma non per ricaricare le armi e riprendere a combattere, no; una tregua per arrivare alla pace, attraverso un vero negoziato, disposti anche a qualche sacrificio per il bene della gente. Infatti, che vittoria sarà quella che pianterà una bandiera su un cumulo di macerie?”

Parole, segni e appello per la pace in questa domenica in cui la Chiesa fa memoria dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme; vi arriva non in modo privato, come sicuramente ha fatto altre volte, ma in modo ufficiale, salutato come un re. È scortato da gente semplice, umile, sul dorso di un puledro preso in prestito – “se qualcuno vi domanda perché lo slegate dite il Signore ne ha bisogno” leggiamo in Luca – sul quale sono posti dei mantelli, così come mantelli vengono messi in terra. È acclamato come un re.

Parole e segni. È il Signore perché è a conoscenza di ciò che deve avvenire; sa che quella folla che lo accoglie è pronta a condannarlo, passati alcuni giorni. E il puledro: tutto appartiene al Signore e solo lui può sciogliere dai legami che imprigionano. L’ingresso a Gerusalemme, infine. Il Signore sale da Gerico che si trova sotto il livello del mare; sale verso la città che è a oltre 700 metri di altezza. Si tratta di un’ascesa, ricorda Benedetto XVI, che è sì via esteriore ma è anche immagine del movimento interiore dell’esistenza: “l’uomo può scegliere una via comoda e scansare ogni fatica…può sprofondare nella palude della menzogna e della disonestà”. Ma Gesù cammina avanti a noi, “ci conduce verso ciò che è grande, puro, ci conduce verso l’aria salubre delle altezze: verso la vita secondo verità; verso il coraggio che non si lascia intimidire dal chiacchiericcio delle opinioni dominanti; verso la pazienza che sopporta e sostiene l’altro”. Quanta sintonia tra Benedetto e Francesco.

Gesù sa che Gerusalemme è il cammino conclusivo del suo pellegrinaggio terreno, prima di tornare nella Gerusalemme celeste. Ci mostra, con il suo ingresso nella città, che il suo potere non è di questo mondo, ma è un potere che nasce dalla croce, cioè dal dono di sé.

Parole e segni. Gesù è crocifisso, e nella sofferenza dei chiodi che gli trafiggono polsi e piedi “chiede perdono per chi lo sta trapassando”. Dice Francesco: “in quei momenti verrebbe solo da gridare tutta la propria rabbia e sofferenza; invece, Gesù dice ‘Padre, perdona loro’. Diversamente da altri martiri, di cui racconta la Bibbia, non rimprovera i carnefici e non minaccia castighi in nome di Dio, ma prega per i malvagi”. Dio non si stanca di perdonare, ricorda il vescovo di Roma, e Gesù ci insegna “a reagire, a spezzare il circolo vizioso del male e del rimpianto. A reagire ai chiodi della vita con l’amore, ai colpi dell’odio con la carezza del perdono”.

Gesù perdona chi lo sta crocifiggendo, “giustifica quei violenti perché non sanno. Ecco come si comporta Gesù con noi: si fa nostro avvocato. Non si mette contro di noi, ma per noi contro il nostro peccato”. Quando si usa violenza, afferma nell’omelia della Messa della Domenica delle Palme il vescovo di Roma, “non si sa più nulla su Dio, che è Padre, e nemmeno sugli altri, che sono fratelli. Si dimentica perché si sta al mondo e si arriva a compiere crudeltà assurde. Lo vediamo nella follia della guerra, dove si torna a crocifiggere Cristo. Sì, Cristo è ancora una volta inchiodato alla croce nelle madri che piangono la morte ingiusta dei mariti e dei figli. È crocifisso nei profughi che fuggono dalle bombe con i bambini in braccio. È crocifisso negli anziani lasciati soli a morire, nei giovani privati di futuro, nei soldati mandati a uccidere i loro fratelli. Cristo è crocifisso lì, oggi”.

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Fonte: Sir