Il dono della Misericordia. La Misericordia che trasforma la vita
Come l’incredulo Tommaso, “tocchiamo con mano che Dio ci ama fino in fondo, che ha fatto sue le nostre ferite, che ha portato nel suo corpo le nostre fragilità”.
Sette giorni dopo la Pasqua, Gesù appare ai discepoli nel Cenacolo, dove si trovavano, le porte chiuse per “timore dei Giudei”, leggiamo nel quarto Vangelo. Sette come i giorni della creazione, come dire che in quel periodo è racchiuso tutto il tempo e tutto lo spazio. Sette è il simbolo di Dio e della sua perfezione e completezza; sette sono le settimane del tempo di Pasqua. Sette sono gli anni di abbondanza e altrettanti quelli di carestia in Egitto al tempo di Giuseppe. Nell’Apocalisse il sette torna sette volte per indicare chiese, candelabri, stelle, coppe, spiriti, suggelli e tombe.
Sette giorni dopo la Pasqua, la chiesa fa memoria della festa introdotta da san Giovanni Paolo II, devoto di suor Faustina Kowalska che proclama santa durante il Giubileo del duemila. Attraverso la misericordia Gesù opera la “risurrezione dei discepoli”, che viene loro offerta “attraverso tre doni: dapprima Gesù offre loro la pace, poi lo Spirito, infine le piaghe”. Celebra la Messa nella chiesa di Santo Spirito in Sassia, papa Francesco; con lui alcuni missionari della Misericordia – sacerdoti con poteri speciali di assoluzione, voluti da Francesco con il Giubileo della Misericordia nel 2015 – presenti detenuti dal carcere di Regina Cæli, dal reparto femminile di Rebibbia, e Casal del Marmo di Roma, infermieri, alcune Suore Ospedaliere e alcune persone con disabilità, una famiglia di migranti dall’Argentina, rifugiati provenienti da Siria, Nigeria ed Egitto.
Misericordia. Papa Giovanni XXIII, aprendo il Concilio, voleva una Chiesa che “preferisce usare la medicina della misericordia invece di imbracciare le armi del rigore”. Paolo VI, chiudendo il Vaticano II, ricordava che “l’antica storia del Samaritano è stata il paradigma della spiritualità del Concilio”. Papa Wojtyla consegnerà al mondo la sua enciclica Dives in Misericordia: “la Chiesa contemporanea è profondamente consapevole che soltanto sulla base della misericordia di Dio potrà dare attuazione ai compiti che scaturiscono dalla dottrina del Concilio Vaticano II”. Benedetto XVI, a Erfurt, nell’ex convento agostiniano, dove ha studiato Martin Lutero, ripropone l’interrogativo dell’iniziatore della Riforma, quasi premessa dell’Anno della fede: “come posso avere un Dio misericordioso”. Francesco apre a Bangui, Repubblica Centroafricana, l’Anno Santo della Misericordia: nel mistero di Dio, la misericordia “non è una sua qualità tra le altre, ma il palpito stesso del suo cuore”; così nella Fratelli tutti, propone l’icona del Samaritano, come chiave dell’enciclica.
Sette giorni dopo, il primo della settimana, Gesù incontra i suoi “angosciati” e “sfiduciati”, leggiamo in Giovanni, e “li rialza con la misericordia”; e loro, afferma papa Francesco con un suo neologismo, “misericordiati, diventano misericordiosi. È molto difficile essere misericordioso se uno non si accorge di essere misericordiato”. Ai discepoli Gesù dice: “pace a voi”. La pace di Gesù suscita la missione: “non è tranquillità, non è comodità, è uscire da sé. La pace di Gesù libera dalle chiusure che paralizzano, spezza le catene che tengono prigioniero il cuore. Gesù oggi ripete ancora: pace a te, che sei prezioso ai miei occhi. Pace a te, che sei importante per me”.
Il secondo dono è lo Spirito Santo, “per la remissione dei peccati”. Al centro della confessione, la mano “sicura e affidabile” del Padre “che ci rimette in piedi”, ricorda il Papa, “non ci siamo noi con i nostri peccati, ma Dio con la sua misericordia. Non ci confessiamo per abbatterci, ma per farci risollevare”. Il terzo dono, sono le piaghe, “da quelle siamo guariti”; come l’incredulo Tommaso, “tocchiamo con mano che Dio ci ama fino in fondo, che ha fatto sue le nostre ferite, che ha portato nel suo corpo le nostre fragilità”. Non “dubitiamo” più della sua misericordia, e “adorando, baciando le sue piaghe scopriamo che ogni nostra debolezza è accolta nella sua tenerezza”.
I discepoli “misericordiati” hanno condiviso tutto e “nessuno considerava sua proprietà quello che gli apparteneva, ma fra loro tutto era comune”. Il Papa sottolinea: “Non è comunismo, è cristianesimo allo stato puro”. Prima avevano litigato su premi e onore, la misericordia “ha trasformato la loro vita”.