Coronavirus Covid-19. Don Ambarus (Caritas Roma): “Evitiamo il contagio della paura: i poveri non sono untori”
L'emergenza sanitaria del coronavirus coinvolge anche i più poveri. Don Ambarus, direttore della Caritas di Roma, spiega come l’aiuto ai più emarginati al tempo dell'epidemia sia una realtà costretta a trasformarsi nelle modalità, ma mai a cessare: "Non vengono dismessi i servizi essenziali, prosegue l’accoglienza e la distribuzione di pacchi caritatevoli". E di coloro che ogni giorno affolano il centro dice: "non possiamo permetterci di abbandonarli ora che hanno più bisogno di qualcuno che li ascolti e li aiuti".
Disagio e sofferenza sono le realtà che quotidianamente la Caritas abbraccia con i suoi servizi, e soprattutto in piena emergenza Coronavirus non può fermare la sua opera: “Il lavoro sociale non si può fare da casa, con i volontari e gli operatori – spiega don Benoni Ambarus, direttore della Caritas di Roma – notiamo che
la prima reazione importante di fronte questa crisi è quella di evitare il contagio della paura. I poveri non sono untori, anzi!
È questa la lucidità che vogliamo mantenere, non possiamo permetterci di abbandonarli ora che hanno più bisogno di qualcuno che li ascolti e li aiuti, pur con tutte le precauzioni e attenzioni. Riprendendo le parole del cardinale vicario Angelo De Donatis, è proprio in mancanza dell’Eucarestia che aumenta la consapevolezza di poter nutrire il Signore nella persona dei poveri e dei piccoli”.
Don Ambarus spiega come l’aiuto ai più emarginati al tempo del coronavirus sia una realtà costretta a trasformarsi nelle modalità ma mai a cessare: “Non vengono dismessi i servizi essenziali, prosegue l’accoglienza e la distribuzione di pacchi caritatevoli, il cibo viene confezionato singolarmente e per ragioni di sicurezza sono aumentati i punti di consegna dei pasti, al fine di evitare affollamento di persone”.
“Si tratta di ripensare alcune procedure operative – continua il direttore della Caritas di Roma – affinché l’azione caritativa sia più vicina alle esigenze di chi soffre e si svolga in modo sicuro per i volontari e le comunità che li ospitano.
Nel nostro settore abbiamo assistito a una diminuzione del numero dei volontari: sono persone spesso sopra i 65 anni e oggi, per prudenza o per necessità di accudire i nipoti, non possono essere coinvolti nel servizio. Pensando alle conseguenze del virus sono certo di poter dire che se anche dovessero chiudere tutti gli empori solidali della Capitale, quello della Cittadella della Carità rimarrà sempre aperto”.
Don Benoni spiega inoltre come l’intervento Caritas si concretizzi in nuovi stimoli all’interno delle parrocchie:
viene promossa una “carità artigianale”, quella del buon vicinato
che invita a farsi carico dei più deboli intorno a noi, a partire proprio dalle realtà di quartiere.
“La consolazione – conclude Don Ambarus – è la riscoperta delle energie umane e delle cose piccole: il negoziante sotto casa, il vicino, il nostro territorio, i genitori che hanno più tempo per stare con i figli e riscoprire le cose semplici, quella che abbiamo tutti i giorni davanti a noi. Sicuramente è presto per dirlo, ma certamente coglieremo i frutti anche di questo tempo”
Hortensia Honorati