La storia di Campese
La storia di Campese
Di ritorno dalla Terrasanta Ponzio, abate di Cluny, decise di fondare a Campese un monastero intitolato alla Santa Croce “de Campo Syon”. Era il 1124 e un documento notarile ne ricorda i primi passi. Anche se appena tre anni dopo il fondatore abbandonò il progetto, tornando nella sua abbazia, il monastero era ormai avviato. Nello stesso anno, il 1127, una serie di benefattori, tra cui Ezzelino, Tisone, Alberico da Romano, donarono il convento e tutte le terre comprese sul versante destro del Brenta, da Campese a Foza, all’abate di San Benedetto di Polirone. Negli anni successivi l’abate di San Floriano cedette al neonato monastero il diritto delle decime mantenendo però il diritto parrocchiale; lo stesso fece nel 1133 il vescovo di Padova Bellino. Inizialmente però la cura d’anime di tutto quel vasto territorio era affidata alla sola chiesa di San Biagio del monastero di San Floriano, elevata a pieve già prima del 1117. Dal secolo successivo, per garantire l’assistenza spirituale a tutta la vallata, il monastero iniziò a costruire altre chiese: la prima, San Marco di Cismon, viene menzionata nella decima papale del 1297. In seguito, mano a mano che procedeva il disboscamento a opera dei monaci e il conseguente popolamento della destra Brenta, ne sorsero altre. Santa Croce divenne parrocchiale solo dopo il 1477, quando vi fu trasportato il fonte battesimale dalla vecchia sede di San Martino. Da essa dipendevano le chiese fino ad allora edificate: Cismon, Foza, Valstagna, Campolongo sul Brenta, Oliero. L ’influenza del convento durò fino al 1796, anno della soppressione del monastero; allora la parrocchia, eretta ad arcipretale, passò al clero secolare. Sul finire dell’Ottocento la chiesa fu restaurata mentre l’edificio monastico, ormai in precarie condizioni, ne divenne la canonica. Dal 2005 la parrocchia ha iniziato un’importante opera di salvaguardia del patrimonio comunitario, con la ristrutturazione degli edifici non solo di culto e il riordino dell’archivio parrocchiale che custodisce, tra gli altri, volumi quattrocenteschi.