Castelbaldo, Masi, Piacenza d'Adige, Valli Mocenighe. Quattro comunità in cammino verso l'unità
La terza tappa della visita pastorale porterà il vescovo Claudio nelle comunità dell'estremo sud-ovest della diocesi. Piccole e lontane, a tratti preoccupate. Oggi però stanno scoprendo tutto il loro potenziale, grazie anche alla collaborazione pastorale e alla fraternità tra preti e il diacono.
Sono come sospese tra il “già” e il “non ancora”. Castelbaldo, Masi, Piacenza d’Adige – senza dimenticare la piccola Valli Mocenighe, eretta nel mezzo di quelle che furono le fertili risaie dell’omonima famiglia veneziana – in questi giorni si sono guardate ancor più da vicino. L’imminente visita pastorale del vescovo Claudio (dal 30 novembre al 9 dicembre) ha permesso alle tre comunità, che dal 2015 sono unità pastorale, di raccontarsi, senza paura di partire dalle ferite e dalle preoccupazioni. Ma la lingua schietta della loro gente, puntando dritta a tutto ciò che non va, ha sempre finito per scoprire tutto il potenziale in attesa di esprimersi all’ombra del campanile.
Già, i campanili sono alti, qui, come in tutti i piccoli centri che si vedono invecchiare. Identità forti che si sfiorano, specie se le unità non sono ben preparate, fanno scintille. Ma sono anche l’elemento decisivo a preservare la ricchezza di una fede popolare, radicata nella cultura contadina di questa popolazione stanziata da sempre in riva all’Adige.
«È vero, ci sentiamo lontani da Padova, a tratti anche trascurati – spiega don Lorenzo Mischiati, che è arrivato un anno fa come parroco moderatore e media il sentire della sua gente – Formarci diventa complesso, spostarci fino alla città pure. Oggi però stiamo scoprendo cosa significhi unità pastorale. Il timore di sparire, assorbiti dai vicini, è stemperato: l’orizzonte è quello della collaborazione tra comunità ben distinte. Così distinta e ben curata è la liturgia, condivisa invece è l’iniziazione cristiana, che prevede i suoi incontri itineranti, ma i sacramenti nelle singole parrocchie».
Alla base di tutto c’è una fraternità sacerdotale e diaconale riconosciuta dalla gente: ogni giovedì, don Lorenzo, don Giovanni Toniolo (residente a Piacenza) e il diacono Ferdinando Menegazzo (fortemente coinvolto nella vita spirituale e sacramentale delle parrocchie) condividono la Parola e il pasto, riflettendo su quale sia il sentiero da prendere.
Sono tre i grandi cantieri aperti.
Anzitutto la Caritas, che sta nascendo: «Guardiamo alle necessità del nostro territorio – spiega il diacono Ferdinando – Attorno ai nostri anziani e agli ammalati serve una rete di solidarietà, che li aiuti a uscire dalla propria casa. Sogniamo che gli adulti creino gruppi di assistenza». Mara Cesaro, sua moglie, è ministro straordinario della comunione ed è attiva su questo fronte: «Questa settimana iniziamo a visitare gli anziani con i bambini dell’iniziazione cristiana. Per i piccoli sarà la scoperta di una realtà mai conosciuta, per i nostri vecchi un toccasana. Piacenza in particolare ha una popolazione anziana, ma contiamo che il nostro circolo Noi, grazie a nuove forze, possa aggregare chi è in salute».
Il secondo grande cantiere riguarda le scuole dell’infanzia. A Castelbaldo scarseggiano i bambini, a Masi è la struttura a necessitare interventi importanti. Rischiano di diventare insostenibili per le parrocchie. Elisa Faccioli, avvocato, è nel cda a Masi: «Stiamo lavorando perché sia il comune a farsene carico da giugno. Il passaggio è complesso e carico di tensioni, che la diocesi e il vescovo possono aiutarci a superare», spiega. E se Masi risente di non avere un parroco residente, dopo essere stata molto attaccata ai suoi tre parroci in cento anni, ha un circolo Noi assai vitale, che fa comunità grazie a feste e pranzi. Le famiglie giovani, molte venute da Badia Polesine, danno linfa e speranza per il futuro.
Il terzo cantiere sono proprio i giovani, gli stessi che nella lettera post sinodale chiedono preti presenti, vicini. «La riflessione è in atto – conferma don Mischiati – sia con educatori di Ac sia con gli scout di Badia». Questa terra di periferia attende il vescovo per riprendere il cammino, districandosi dai nodi che l’hanno legata. «Ma oggi c’è più unità», conferma Elisa: l’orizzonte è più sereno.