Caritas di Arcella. Si può fare il bene... solo volendosi bene in comunità
Arcella: ricco il confronto tra don Claudio e chi opera nella carità. Tante le proposte per continuare a camminare. Prima di rimboccarsi le maniche e fare, c'è da interrogarsi sul bene che si vive nelle proprie comunità.
«Ho visto tanto bene, sono contento. Avete il mio sostegno». Ha esordito così, il vescovo Claudio, all’incontro di sabato 23 febbraio – nell’ambito della visita pastorale – con il coordinamento Caritas e il Centro di ascolto delle povertà e delle risorse del vicariato dell’Arcella. «Vedo la volontà di fare del bene e aiutare gli altri, nonostante ci siano delle fragilità: questo è evangelico».
Due domande, impegnative
Ma non si è fermato qui, don Claudio. Ha proposto ai partecipanti di confrontarsi su due gruppi di domande. Il primo: state bene nelle vostre comunità? Vi volete bene? «Siamo cristiani – ha sottolineato – non perché andiamo in Chiesa, ma perché ci vogliamo bene». Seconda domanda: quanto sappiamo aiutare gli altri? «Penso alle persone che vivono nel territorio dell’Arcella, ma anche al territorio stesso. Com’è possibile una convivenza bella e accogliente?».
Don Claudio ha messo in guardia i partecipanti all’incontro dal rischio di andare direttamente, nel confronto, alla seconda domanda. «Non possiamo dare per scontata la comunità. Un tempo, forse, potevamo farlo… ora non più. Va ricostruita. Ecco perché prima di tutto, prima del rimboccarsi le maniche e fare, c’è da interrogarsi sul bene che si vive in comunità».
Sei i gruppi, di cui uno formato da preti e diaconi permanenti, che si sono confrontati sulle sue domande. Numerosi gli spunti che sono stati condivisi e “consegnati” al vescovo: ma non solo. Diventano motivo per continuare a camminare con entusiasmo in vicariato.
Tante risposte, propositive
«Ci vogliamo bene»: emerge questo dal confronto dei sei gruppi. Qualcuno dice: «A volte è difficile...». Altri sottolineano che «dobbiamo volerci bene!». I preti: «Ci cerchiamo per la preghiera, il confronto, la consolazione… Vediamo che le nostre comunità si vogliono bene, anche se a volte il bene è tra le persone di uno stesso gruppo e non diffuso». Il rischio di chiudersi nel proprio gruppo è forte: lo evidenziano in molti. «Caritas e San Vincenzo devono esserci e operare secondo il proprio specifico, ma anche muoversi su altri due livelli: provocare le comunità parrocchiali e sollecitare il territorio». «Lavorare in rete – si sottolinea con forza – è la strada per volersi più bene». Qualcuno provoca: «Non siamo abituati alla sensibilità, a entrare in empatia con gli altri».
Dal confronto emergono tre “volti”, e altrettante proposte, a cui i volontari della carità nel vicariato dell’Arcella sentono di voler guardare con particolare attenzione: giovani, anziani e immigrati. «E se invitassimo i giovani – propone qualcuno – a vivere un’esperienza con noi?». «Gli anziani sono tanti nel nostro territorio e faticano a vivere la comunità: e se andassimo noi da loro?». Sugli immigrati, che sono il 30 cento in una popolazione di 45 mila abitanti, emerge una considerazione: «C’è timore reciproco… Servono occasioni d’incontro per conoscersi. Per imparare a volersi bene...».