Il crimine organizzato costa all'Ue 158 miliardi
La stima è dell'Università di Cardiff. Le frodi ai cittadini sono la voce maggiore dei costi per Bruxelles: 97 miliardi. Savona (Transcrime): «Le mafie investono dove le leggi per il contrasto sono più deboli».
Le organizzazioni criminali costano caro ai cittadini dell'Unione europea e del Regno Unito: almeno 158 miliardi di euro. Lo afferma uno studio dell'Università di Cardiff, in Galles, condotto dal criminologo Micheal Levi. I dati della ricerca di Micheal Levi sono stati presentati all'Università Cattolica insieme a uno studio del Centro interuniversitario Transcrime sullo sviluppo della criminalità organizzata a livello continentale.
I business più redditizi per la criminalità. Il costo maggiore per l'Unione europea è dovuto alle frodi contro gli individui: fanno spendere 97 miliardi di euro. Seguono poi la tratta degli esseri umani (30 miliardi di euro), le fronti contro il fisco europeo (20 miliardi di euro). Nonostante quello che si possa immaginare, il traffico di sigarette è ancora un business fiorente per le organizzazioni criminali mappate in Europa: 11,3 miliardi di euro. Il furto di auto dismesse vale 4,25 miliardi di euro.
Le organizzazioni criminali europee hanno poi dirottato almeno 3 miliardi di euro destinati ai fondi strutturali per l'agricoltura. Un valore significativo che dà l'idea quanto le agromafie stiano acquistando peso, ora che ci sono fondi comunitari da spolpare. Come a livello comunale e regionale con gli appalti.
L'ultima voce della classifica dei costi causati dalle mafie riguarda le frodi con le carte di credito: valgono 1,16 miliardi di euro. Altro capitolo scoperto è il costo per gli omicidi: sono più di 500 e concentrati la maggior parte in Italia, Belgio e Bulgaria.
Serve più coordinamento legislativo. La violenza però non è più il core business delle mafie europee: lo ribadisce con forza Michael Levi. Quale la cura a questi mali comunitari? Una maggiore armonia dei sistemi giudiziari a livello comunitario, spiega il professore. A Micheal Levi fa eco Ernesto Savone, responsabile del centro Transcrime dell'Università Cattolica: «Le mafie investono dove le leggi per il contrasto sono più deboli».
Bruxelles replica all'offensiva delle organizzazioni criminali con un investimento complessivo di 210 milioni di euro, suddivisi in quattro agenzie per la sicurezza dell'Unione: Europol (la polizia dell'Unione, una Fbi in salsa europea), Eurojust (l'unità di cooperazione giudiziaria in cui ciascuno dei 28 membri ha un suo rappresentante), Emcdda (lo European Monitoring Centre for Drugs and Drug Addiction, l'agenzia antidroga) e Frontex (agenzia di pattugliamento dei confini).
Il bilancio appare misero in confronto a quanto spendono altri stati singolarmente. Ad esempio la Gran Bretagna: il Soca (Serious organised crime agency, una specie di dipartimento antimafia inglese) ha speso per il 2013/14 498 milioni di euro. La Direzione investigativa antimafia italiana, al contrario, ha un finanziamento di solo 10 milioni di euro. Ai costi per la lotta al crimine si aggiungono quelli per il contrasto al consumo di droga: 34 miliardi di euro.
«Fornire numeri esagerati del fenomeno mafioso non aiuta – spiega il professor Levi – Servono solo a fare impressione sui media e sulla politica ma non c'è nulla che si possa fare per affrontarli». Il criminologo dell'università di Cardiff spiega così la scelta di aver individuato solo i costi minimi per ogni attività delle organizzazioni criminali in Europa. Non serve tanto un maggiore finanziamento del comparto europeo che investiga sulle organizzazioni criminali transnazionali quanto una migliore distribuzione delle risorse: «Bisogna valutare che effetto avrebbe un maggiore dispiegamento di forze, a fronte dell'investimento fatto», ragiona.
Sul tema della mancanza di mezzi l'opinione pubblica appare molto sensibile, anche nel Regno Unito. Il professore riporta uno studio condotto in Scozia che evidenzia come nell'immaginario collettivo il 72 per cento del campione in esame consideri il narcotraffico come l'attività principale del crimine organizzato. Ma al contrario le esperienze personali a contatto con la criminalità riguardano per un intervistato su tre furti, per il 13% per cento rapine e per il 12 la droga. E la soluzione a questi problemi è sempre una maggiore presenza dei mezzi di polizia sul territorio.
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