Quagliariello. «Il popolo si è rivoltato contro chi voleva dividerlo. Ora il centrodestra ritrovi l'unità»
Il senatore, già tra i saggi di Napolitano e gli esperti di Letta, assicura: «Sono stati compiuti molti errori di metodo e di merito». Ora però si apre una stagione di innovazione, in cui il centrodestra dovrà dimostrare di riuscire a stare insieme.
«Una rivolta di popolo nei confronti di un tentativo insano nel metodo e nel merito. L’Italia ha bisogno di unità, ma il popolo italiano ha capito che c’è stato chi ha fatto di tutto per spaccarlo».
Gaetano Quagliariello, pur senza mettere da parte il consueto aplomb di docente universitario ed ex ministro, non usa mezzi termini per sottolineare il suo gradimento per la vittoria a valanga del No al referendum di domenica scorsa.
D’altra parte, dopo essere stato tra i saggi di Napolitano nel 2013 e tra gli esperti di Letta l’anno successivo, Quagliariello contro questa riforma ha scritto Perché è saggio dire no con Valerio Onida. Ma non è mancato chi gli ha ricordato che per due volte, prima di lasciare l'Ncd e la maggioranza, la legge Boschi l’aveva votata anche lui.
Senatore, il paese oggi si trova in una fase delicata. Da dove ripartire?
«Il voto di domenica può essere vissuto addirittura come un voto di propulsione e di innovazione. Perché? In caso di vittoria del Sì avremmo avuto un partito centrale e intorno tutta una serie di forze ai limiti tra sistema e antisistema. E questa sarebbe stata una situazione foriera di molti pericoli».
Oggi invece com’è la situazione?
«Adesso abbiamo un dibattito riaperto a sinistra e una sfida all’unità e all’innovazione, certamente non agevole, nel centrodestra, che però non è stata frustrata da una sconfitta. Solo se riparte un rinnovamento delle proposte all’altezza dei tempi in queste due aree c’è la possibilità di contrastare la cosiddetta antipolitica. Che altrimenti ha già vinto».
Quale ruolo giocherà Idea, la forza politica nata un anno fa con cui lei è tornato a pieno titolo nell’alveo del centrodestra?
«Noi abbiamo avuto, per quella che è la nostra forza, una propensione a unire: il paese e il centrodestra. Lo abbiamo portato tutto insieme nello schieramento del no, e abbiamo anche contribuito affinché si ritrovasse unito in una battaglia laica sulle unioni civili. Dovremmo continuare ad avere questo ruolo con tre scopi».
Di cosa si tratta?
«Anzitutto dobbiamo riaggregare il centrodestra diviso. Quindi rimettere insieme la via liberale, cristiana, moderata che oggi è molto arrabbiata e che, molto probabilmente, domenica scorsa si è recata al voto quando pochi giorni prima aveva deciso di non votare più. Poi dovremo fare in modo che questa diventi una comunità regolata».
Parla delle primarie?
«Parlo di fissare delle regole su come stare insieme. Le primarie rientrano in questo scenario, ovviamente».
Il terzo punto?
«Una sintesi programmatica almeno su sette temi, per dimostrare agli italiani che le diverse sensibilità sono una ricchezza e non un limite. Parlo di fisco, lavoro, welfare, Sud, Europa, immigrazione e questioni etiche».
Da costituzionalista come e quando l’Italia arriverà a nuove riforme?
«Dal referendum del 4 dicembre emerge una grande lezione: le riforme costituzionali si fanno insieme e magari in una commissione costituente. Io spero che tra le cose che faremo in questo lasso di legislatura che ci separa da nuove elezioni ci possa essere anche una legge ad hoc».